domenica 8 novembre 2015

Amour N1


                                             Acquerello su carta di M.Spada

Anche Brando e Viane si strinsero per mano e con quello stupore infantile che non conoscevano da tempo seguirono l'ascesa al cielo di quei due innamorati di cui forse non avrebbero  più saputo nulla. Con occhi vergini, simili a quelli dei bambini , li osservarono attendendo che sparissero dentro una stella senza nome e che loro con orgoglio battezzarono Amour numero 1. "Ciao William è stato bello conoscerti ", urlo’ Brando senza staccare lo sguardo da quella scia luminosa rilasciata dall'elevarsi dei due amanti. "Addio Peirina , non abbandonarci ! Siate felici", disse con voce accorata Viane provando un'improvvisa sensazione di smarrimento quasi avesse perso gli spiriti guida di quella vicenda ancora senza fine. "Ci mancheranno", soggiunse Viane guardando dritto nelle pupille sognanti Brando," cosi’ come ci mancherà anche Isotta". " Ma perchè, vorresti farmi credere che la nostra impresa è giunta al termine?", chiese preoccupato Brando aggiungendo con un tono da guerriero trionfante: "Pensi che finalmente abbiamo riscattato la reputazione di quelle donne erroneamente accusate di stregoneria?". "Non lo so", ribadi’ Viane con aria investigatrice, "non abbiamo ancora tra le mani il seme leggendario di cui parlava Isotta e che dovrebbe addirittura salvare il mondo". Resto’ muta per qualche istante poi, sollevando con la mano un ciuffo della sua lucida chioma che le accarezzava la fronte fino a ricadere lungo la gota rosata, torno’ verso il dipinto e si mise in sua contemplazione. I suoi occhi apparivano quasi ipnotizzati, rapiti in una sorta di estasi, si avvicinava al quadro ma poi con uno scatto vi si allontanava, un passo avanti e due indietro, uno a sinistra e uno a destra. Brando osservava esterefatto quel minuetto eseguito con la leggerezza di una ballerina  tuttavia non osava porre altre domande a Viane temendo di interrompere quella curiosa magia che si stava per compiere.Passarono pochi istanti e mentre lui cercava di reprimere anche il respiro temendo che la sua presenza interferisse con quello che era li’ per accadere una figura femminile del dipinto,muovendo prima gli occhi e poi le labbra, fece cenno a Viane di avvicinarsi. "Mi chiamo Samira ", inizio’ a sussurrare aprendosi in un rassicurante sorriso dietro il quale si intravedeva una dentatura bianchissima resa ancora più splendente dall'incarnato scuro del suo volto, " non abbiate paura sono qui per aiutarvi ma prima vi devo narrare la mia storia. Giunsi a Triora nel 1587 per sfuggire dall'Etiopia dove era in corso una grave carestia e qui, in questo luogo fantastico, mi ci porto’ in parte mia madre, salendo su una nave clandestina, dopo  avermi nascosta dentro una cesta a tamburo che portava con disinvoltura sulla testa. Avevo pochi mesi e so poco di lei poichè durante la traversata mori’ tuttavia, fortuna volle, che prima di andarsene accanto a lei ci fosse il capitano della nave, un uomo dal cuore grande di nome Libero. A Libero, che quando non viaggiava per mare viveva a Triora, mia madre chiese di allevarmi e aprendogli la  grande ruvida mano che reggeva la sua  sempre più tremolante gli mise in mano un sacchettino pieno di semi. "Sono la dote di Samira" gli spiego’ rivelandogli il mio nome. Con questi puoi diventare ricco anche tu o l'uomo che sposerà  questa mia creatura. Piantali nella valle dove vive la tua famiglia e ti accorgerai del loro prodigioso mutamento." Viane la ascoltava incredula mentre Brando le si avvicinava incoraggiandola a porre alla gentil donna una domanda che gli stava ronzando nella mente fino a farlo sobbalzare, come se ad un tratto avesse trovato il filo di Arianna che li avrebbe condotti a trovare il senso della loro avventura. Uscendo dal suo silenzio il ragazzo si porto’ al fianco di Viane e avvicinandosi al suo orecchio, al cui lobo brillava uno zaffiro a forma di stella, le suggeri':  "Chiedile se il seme che ha fatto tremare i proprietari terrieri di questa valle giungeva dall'Africa". " Fu proprio cosi’", rispose Samira, " Brando, non temere, le mie parole sono anche per te. Io sento tutto e vedo tutto . Non dimenticare che questo è un luogo magico. Sei un poeta e mi piaci proprio per questo d'altronde la storia che sto per narrarvi è solo per chi ha le orecchie dei poeti." (continua)                                                                                                                                                                                                                                                                                                

venerdì 13 febbraio 2015

L'amore oltre la luna

                                       Pannocchia di granturco, acquaerello di M. Spada                                      

A Grimaldi nel frattempo si festeggiava e l'idea che la vita possa sorprendere, anche quando ormai è subentrata la rassegnazione, stava per insinuarsi tra gli abitanti del minuscolo paese e dintorni. "E' un mistero, il signor Piero è tornato a camminare", si bisbigliava nei vicoli, risonanti solo dei passi delle persone curiose, nei bar e perfino tra le barche, mentre nel mare liscio alcuni pescatori sorvegliavano le loro lenze che scendevano diritte nel buio dell'acqua. Qualcuno sorrideva, altri si guardavano increduli, altri ancora se ne uscivano con un rassegnato: "c'est la vie". Tuttavia quel fatto idilliaco aveva rimesso in giro un certo buon umore innescando, anche tra i più scettici, una predisposizione alla positività immaginando che chissà, forse, quello che si credeva impossibile ad un tratto poteva trasformarsi in possibile. Piero era esultante e mentre Viane proseguiva il suo misterioso viaggio nel fantastico mondo di Triora lui si ritrovava, con amici e parenti, nella sua bella villa dove erano anche accorse le tre  amiche della sua sposa, informate che presto sarebbe giunta anche lei. Sofia arrivò per prima, tutta in bianco e rosa, con il volto raggiante di gioia ombreggiato da una grande paglia ancora estiva sulla quale grappoli di uva artificiale evocavano discreti i vigneti di Dolceacqua in cui alcuni suoi parenti producevano un profumato vinello, color rubino, chiamato Rossese e con il quale, proprio quella sera, l'intero borgo brindò. Quasi al tramonto, intanto che il cielo si infiammava di tutte le tonalità che vanno dall'arancio al rosso e poi ancora dal rosso all'arancio fino a divenire un unico colore, nel giardino, allestito a festa, giunsero anche Emma e Francesca, ancora incredule per quanto era successo a Piero e trepidanti per l'imminente rilascio di Viane annunciato perfino dai giornali locali. Si guardavano intorno, con la solita affettuosa malizia, disorientate come se d'un tratto si fossero accorte che la vita ha in serbo dei misteri capaci di soppiantare il calcolo e la stessa ragione . Poco più lontano, nella valle Argentina, dove il silenzio è persona, Viane e Brando, attraverso le parole di Peirina, entravano nei fatti segreti del 1587. La dolce figura femminile era a loro apparsa nello sventolio di un'ampia gonna ricamata e con la massa di capelli color  notte mossi da un vento antico, si mostrava turbata ma trionfante. Procedeva lenta  ruotando ad ogni passo la soffice gonna e mentre un fascio di luce bianca l'avvolgeva i suoi occhi e tutta la sua persona esprimevano la pacatezza e la soavità di chi si ridesta in nome dell'amore. William nascosto, come esigeva il sortilegio imposto da Isotta, l'ascoltava e chissà cosa avrebbe pagato per vederla, riabbracciarla e dirle, con il timbro melodioso della sua voce d'attore, che lei era stata il suo unico immenso amore e musa indiscussa di quella tragedia che li vide amanti. "Grazie per aver rotto l'incantesimo, grazie amici per avermi portato via dall'inferno dei sabba, grazie per aver riscattato la mia reputazione." Iniziò con queste ripetute espressioni di gratitudine il ritorno di Peirina alla sua vera identità insieme a un pianto sommesso, non di dolore ma di felicità. "In diversi provarono a liberarmi", proseguì con voce bella e pacata" ,soprattutto nel seicento ma nessuno ci riuscì. Il primo fu Salvator Rosa nel 1660, un pittore napoletano, soprannominato il principe delle tenebre, affascinato dalla nostra storia di streghe ma subito messo in fuga dalle prepotenze del mago che l'aveva minacciato di trasformarlo in un viscido serpente . Poi fu la volta di Sybilla Merian, la farfalla monarca che vi ha condotto fin qui e la cui vera identità doveva restare avvolta di mistero finchè non si apriva questo alto muro che mi teneva prigioniera. Sybilla era diventata una nostra protetta, in lei abbiamo visto quello che avremmo voluto essere anche noi circa un secolo prima, donne di un Rinascimento proteso a scoprire l'autonomia dell'individuo, la libertà della ragione dalla fede e pronte anche a combattere il tiranno. La sua emancipazione non poteva essere interrotta per riscattare la nostra reputazione e per questo le suggerimmo di andarsene, Triora in quel momento non era per lei, la meta giusta era l'America del Sud, sapevamo che lì, nella scoperta di un mondo animale e vegetale ancora sconosciuto, avrebbe trovato la felicità." Peirina parlava con lo sguardo dei tempi in cui era vissuta ed era bello ascoltarla mentre muoveva la sua bocca infantile soprattutto quando si riferiva a certe aspirazioni della sua epoca facendo intendere che alcuni modelli ideali gettarono i semi negli interstizi della coscienza e del tempo. "Dicci di più, narraci la tua storia ", chiese Viane affascinata da questa donna che sembrava più consapevole e moderna di quanto si potesse immaginare. "Ero la figlia di un pittore", iniziò a raccontare lei, nato nel 1530 e morto di dolore per la mia scomparsa nel 1593. Fu lui il primo a vedere in me la poetessa, fu lui ad essermi maestro, guida e consigliere, fu lui che fino all'ultimo si battè per discolparmi dall'accusa di essere una strega. Entrambi ci facevamo ispirare dalla natura, io le dedicavo versi , lui la ritraeva stravolgendola. Mio padre dipingeva quadri a doppio senso." "Vorrai dire con la tecnica del "capriccio" ?", domandò Viane sempre protesa a indagare sull'arte e i suoi splendori. "Sì il "capriccio" se così oggi chiamate quel meraviglioso universo artistico che seduceva al primo sguardo. In paese però non era ben visto. Cominciò a girare la voce che fosse un bislacco per via di quei suoi dipinti stravaganti, non capivano la sua ironia e certe sue caricature vennero fraintese tanto da creare intorno a sè più nemici che amici. Fu lui ad invitare qui Bartolomeo Passerotti, l'autore dell'opera che avete appena scoperto ma in verità, prima di essa vi era un suo dipinto. Era il ritratto di un uomo con la testa ornata da un cereale che qui non si era mai visto e subito si sparse la voce che si trattasse di una diavoleria. In realtà era una scoperta fatta da alcune donne di Triora che per caso, senza saperlo, avevano incrociato alcune piantine dalle quali nacque un seme che, tramutato in farina, dava al pane un sapore magico tanto che tutti iniziarono a volerne sempre di più . Quel dipinto venne subito rimosso e bruciato  ma mio padre che conosceva bene Passerotti lo chiamò a dipingerne un altro più misterioso del suo. Ed è lì che, ancora oggi, è racchiuso il segreto delle donne di Triora. Quando il prezzo del grano cominciò a traballare alcuni possidenti, gelosi ed interessati,  iniziarono a dare la caccia alle streghe ed io, essendo la figlia di quel pittore ribelle che aveva ritratto un uomo con la testa avvolta da un cereale misterioso, venni subito imputata". A un certo punto si interruppe e un'ombra dura calò sul suo viso  come se risvegliandosi da quel letargo stesse rivedendo tutto l'orrore di quei momenti funesti . "Che c'è Peirina?", disse sempre più curiosa Viane rapita da quelle vicissitudini  che come una porta girevole ruotavano intorno ai suoi occhi . "C'è che in seguito a quell'infamia non potei rivedere più l'uomo che amavo. C'eravamo conosciuti qui in questo castello,  una notte d'estate, durante la rappresentazione di un suo play e fu subito amore, l'incanto della poesia che rende l'universo più sopportabile e lieve ci unì senza che ce ne accorgessimo. Si chiamava William ed era un poeta. Veniva da molto lontano parlava inglese, la lingua di mia madre,una nobildonna di Oxford che mi lasciò ancora in tenera età, i suoi canti erano sublimi, lui sapeva spalancare al primo sguardo le cose ultime e prime della vita. Si fermò nel suo racconto e gli occhi le si invasero di malinconia e di rimpianto finchè con l'ultimo filo di speranza iniziò a chiedersi: "Chissà dov'è, chissà se i suoi versi restarono per me o entrarono nel cuore di altre donne? Vorrei rivedere il suo volto, il suo sorriso luminoso"  Fu allora che Brando prese coraggio e schiarendosi la voce la rassicurò: " Peirina, William è qui e giura d'amarti ancora come allora , più di allora, ma non puoi vederlo. "Oh Brando vorrei vederlo un solo istante", chiese lei sospirando. " Non si può Peirina", rispose lui guardando quel volto che splendeva di un vivace splendore. Dalla montagna si alzò una musica, una sorta di dialogo notturno tra due strumenti immaginari il cui timbro dell'uno e dell'altro sviluppò un'atmosfera di dolcezza calda e affettuosa. In quell'allegro sotto forma di sonata che rifuggiva cristallina ed elegante lei recitò: "Il mio amore te l'ho già dato prima che me lo chiedessi, eppure vorrei dovertelo dare di nuovo". Il silenzio durò due minuti finchè si sentì un rumor leggero di passi e una voce che prima lontana e poi vicina ricamò nell'aria un altro verso noto: "Felice sono io che amo e son riamato dove l'amor non cambia nè può esser ripudiato" . Non ce la fece William, non riuscì a rispettare quel patto stipulato con Isotta, era troppo grande quell'amore. Voleva riabbracciare la sua poetessa dall'aria così libera, le cui labbra morbide e avvolgenti sapevano dei frutti di bosco di Triora, voleva accarezzare, anche solo per un momento, la sua pelle color miele,voleva nuovamente provare quel brivido che accelera il respiro , l'attimo in cui tutto prende luce come la più bella delle costellazioni. Uscendo dal suo nascondiglio corse verso di lei e guardandola fissamente coi suoi occhi languidi , la strinse forte a sè, la baciò con tutto l'ardore di chi quell'ìstante l'aveva a lungo sospirato. Insieme stretti per mano volarono verso la luna avvolti nella medesima gioia d'amore. (continua)                                                                                                                                                                                                                          .                                                

domenica 1 febbraio 2015

I misteri del castello

                                      Papillon, acquerello su carta di Maurizio Spada

La grande farfalla monarca, fiera nella sua livrea arancione, ingigantita per volere di Isotta, danzava nel cielo come una leggiadra ballerina accompagnata  da un molto allegro quartetto d'archi in sol maggiore. Ruotava e modificava il volo d'attacco, in cui l'ala entra nell'aria, quasi con trasgressione,  disegnando figure fantastiche. "Guarda Viane quello è un elfo", urlava sbalordito Brando girandosi indietro, "oh, adesso c'è un cavallo alato, ora una sirena". Anche Viane si perdeva tra quei soavi miraggi aerei creati dall'artistica farfallina facendosi, di volta in volta, avvolgere da un impeto di gioia e da una muta beatitudine. Tutti e due vedevano quello che un tempo non avrebbero mai potuto scorgere se non in un sogno . L'aria aromatica che giungeva dal mare li travolgeva. Era là, il mare a strisce turchine e verde bottiglia, era lì il suo fondo graziosamente ondulato e l'aria sembrava essere solo mossa da quel lieve e grandioso sussurro che diceva parole di bontà. "Come ti chiami?", domandò Viane alla magica farfalla mentre lei seguendo una  sua immaginaria musica ne abbandonava il velo di mistero fino a farsi trascinare nella lentezza di un andante. "Sybilla", rispose , "e vengo da molto lontano. Per fortuna sono una grande viaggiatrice e con  le mie numerose tecniche di volo  sono capace di compiere anche più di duemila chilometri". "Dunque non sei di qui?", chiese con curiosità Viane. "No,  ma..".Sybilla si schiarì la vocina flebile e atterrando su un campo di soffice camomilla  iniziò a narrare la sua storia personale. " Statemi a sentire", disse scrollando prima un'ala e poi l'altra  per far  scendere dalla sua livrea  Viane e  Brando, " Beh, ormai vi è chiaro, qui a Triora le donne non erano ben viste nei secoli passati e quando ci sono capitata nel 1690  sono divenuta anch'io vittima di una magia." "Nel 1690?", esclamarono stupiti i suoi interlocutori. "Che ci facevi qui in quella data? Ma chi sei in verità?, aggiunse Viane sempre più confusa. Sybilla  sospirò per qualche istante quindi parlò: "Io sono un' entomologa ma sono  nota soprattutto per le mie doti di pittrice naturalista, in particolare mi sono dedicata allo studio delle farfalle tropicali dipingendole su delle tavole che ancora oggi fanno il giro del mondo insieme a quelle dove compaiono iguane,serpenti, ragni , ananas, manioche e papaie . Le mie origini sono tedesche ma ho vissuto anche nell'America del Sud e precisamente nella Guyana, oggi Suriname. Lì, in quella colonia olandese abitata da indigeni amerindi, ho fatto l'esploratrice, scoprendo tutta una specie di animali e vegetali del tutto sconosciute in Europa". "Vieni al dunque", la esortò Brando con la sua solita impazienza, "che centra tutto questo con Triora e con quello che sei adesso? Com'è che conosci Isotta, Peirina e forse anche William, il nostro amico cervo?". "Ah miei cari, vorrei svelarvi tante cose ma per ora non posso e chi sono veramente lo scoprirete strada facendo. Io venni qui per caso circa un secolo dopo la data del processo dell'Inquisizione. All'epoca ero diretta in Olanda , il mio matrimonio era andato a rotoli, volevo ritirarmi in un castello dove già viveva una comunità di ricercatori protestanti per compiere alcuni studi sulle farfalle tropicali ma, per motivi  che non posso rivelarvi,  mi ritrovai a Triora. Ero una donna molto curiosa e determinata e un amico inglese, beh un po' di più di un amico, anch'esso grande naturalista e già residente a Ventimiglia, mi aveva indotta a spingermi fin qui  poichè, a suo avviso, in questa valle vi erano delle piante e degli insetti ancora sconosciuti. Volevo dipingerli, studiarli, selezionarli  e riportarli nell'opera che più avanti, quando andai nella Guyana, avrei portato a termine . Giunsi in questo borgo con tanti sogni e tante speranze, figuratevi che la mia passione erano i bruchi ed io li andavo a scovare ovunque specialmente sotto i massi. Un giorno però anch'io mi imbattei nel terribile mago a voi noto. Avevo quasi sollevato la pietra che ben conoscete, quella con l'impronta del cervo. Stavo per leggere la data che vi era impressa, il discusso anno 1587, quando una voce mi esortò a fermarmi. Non sapevo che in quel modo avrei liberato Isotta Stella, cosa che quel mago osteggiava. Lui mi apparve nelle vesti di una vespa e pungendomi mi allontanò dal masso. Passò qualche istante, in cui rimasi stordita per il dolore,e mi risvegliai nelle vesti di una farfalla monarca mentre una voce mi intimava di andarmene e di non mettere mai più piede a Triora poichè, ogni qual volta l'avessi fatto, sarei stata tramutata in farfalla, l'insetto di satana come si diceva in quell'era piena di superstizioni popolari e di ignoranza in materia naturalistica . La cosa non mi dispiaceva anzi quella mia metamorfosi, seppur passeggera, poteva servirmi per il trattato che stavo scrivendo ma delle donne, radunate sotto un albero di noci, me lo sconsigliarono. C'erano anche Isotta e Peirina, mi raccontarono la loro triste storia e poi mi dissero di andarmene poichè io all'epoca dovevo restare chi in realtà ero. Si commossero per le mie imprese, a loro modo erano delle naturaliste, così  con quella complicità tutta femminile vollero sacrificarsi  a mio favore . Sono passati diversi secoli da quel giorno  e per fortuna ora ,col vostro aiuto, sarà fatta giustizia. Io riposavo nel cimitero di Amsterdam ma Isotta , coi suoi nuovi poteri da fatina,  mi ha ridestata portandomi nuovamente qui per darvi una mano ." La storia mise un po' di ansia sia a Viane sia a Brando timorosi di non farcela a uscire indenni da questa avventura dove forse a loro volta potevano diventare vittime di quel magaccio senza scrupoli ed essere trasformati in chissà quale animale. "Mamma mia", pronunciò Viane guardando negli occhi prima Sybilla e poi Brando, "che storia senza fine è questa, mi si sta gelando il cuore " Salirono nuovamente sulla livrea della farfalla e aggrappandosi alle sue stupende ali macchiate di bianco tra volteggi di ogni genere giunsero al castello di Triora. Ormai era sera e tutto intorno sembrava tingersi di paura e di sospetto. Sybilla li aveva appena lasciati ricordando ai suoi amici prudenza e circospezione. Erano soli e Brando sentiva la mancanza del suo William anche se ,dentro di sè, sapeva che presto gli sarebbe apparso, lui era uno da colpi di scena. "Brando, Brando, che si fa adesso, non abbiamo neppure una torcia e qui è tutto buio e diroccato", disse Viane provando un senso di inadeguatezza a quella che pareva una vicenda sempre più pericolosa. "Fra poco ci sarà la luna ", rispose Brando e poi in terra ci sono disegnate delle frecce, non ci perderemo e prima o poi troveremo Peirina". Intanto ogni tanto si udiva il verso di una civetta, poi lo strisciare di qualche serpentello e dietro di lui la corsa di una colonia di gatti neri alla ricerca di cibo, oltre allo squittio di grossi topi che, qua e là, entravano e uscivano dai muri del castello. Sembrava di essere in un luogo lugubre e allo stesso tempo sacro ma soprattutto vietato. "Brando, guarda lì", lo richiamò Viane mentre lui con lo sguardo cercava il suo William da ogni parte."Su questa parete c'è un dipinto,  e raffigura delle donne nell'atto di macinare un chicco che non è grano. Aspetta un attimo , c'è la data. Oh, ancora !587".Viane per quache istante rimase impietrita, poi curiosa come sempre di ogni genere di pittura iniziò ad esaminare l'opera. L'accarezzò per stabilirne lo stato, la guardò da lontano e poi da vicino finchè, con l'entusiasmo di un intenditore,  esclamò:" C'è una firma, è quella di Bartolomeo Passerotti. Era un importante pittore bolognese della metà del cinquecento, chissà cosa ci faceva da queste parti e chissà quale mistero è racchiuso in questo dipinto? Forse è in questi volti femminili e in questa descrittiva scena il segreto di Triora. Delle donne avevano scoperto un nuovo seme alternativo al grano ma, poichè l'economia del paese era basata su questo cereale, nessuno doveva saperlo e così per liberarsene le accusarono di stregoneria inventandosi una carestia mai avvenuta." "Certo, hai ragione deve essere andata proprio così", rispose il ragazzo appoggiando la sua teoria,"ci siamo allora, abbiamo risolto parte dell'enigma. Ma dimmi secondo te quel seme che mai sarà?" Si avvicinarono insieme al singolare dipinto ambientato nel forno di un paese con donne negli abiti dell'epoca e tra tonde pagnotte e farine videro che quel seme, pronto per la macina, assomigliava a quello che avevano perso e che Isotta ora custodiva gelosamente. Stavano per immaginare che presto il mistero gli sarebbe stato svelato quando una voce li fece sobbalzare. "Chiamatela, dite che sono con voi". "Ma questa è la voce di William", disse Brando felice di riaverlo accanto. "Sono qui ragazzi, Isotta ha fatto uno dei suoi sortilegi e solo per stanotte, in barba al mago, sono tornato ad essere quello che ero anche se Peirina non mi deve ancora vedere". Viane e Brando salirono per una scala traballante e giunti in cima alla torre provarono ad urlare il nome di Peirina ma nulla e nessuno si sentiva e si vedeva. "Pronunciate questi versi ", li esortò ancora William con il cuore a mille mentre se ne stava nascosto dietro una colonna , "Chiamami amore e sarà il mio nuovo battesimo: ecco, non mi chiamo più Romeo". Li pronunciò Brando con tutta la tenerezza che possedeva. Seguì un silenzio senza fine poi da dietro un alto muro vacillante giunse una bellissima voce che, prima in italiano e poi in inglese, rispose :" Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri? What  man art thou that thus bescreen'd in night
So stumblest on my counsel?". (continua)                                                                                                                                                                                   .                                                

martedì 20 gennaio 2015

Sulle ali di una farfalla

                               Bella la vita sulla spiaggia di Cannes, acquarello di M:Spada

William era uno di parola e la lettera di Viane giunse a Piero nel giro di poche ore. Era in giardino, l'aria portava di quando in quando il profumo della lavanda che sventolava sulle ordinate aiuole e alcune vocine di uccelli si davano a vicenda risposte argute, lui era lì fremente e pensieroso poichè a breve  sarebbero giunti i poliziotti con delle novità. " Greco è stato avvistato sulla spiaggia di Cannes", gli avevano comunicato la sera precedente con una telefonata dal comando di polizia della Mortola inferiore, "veniamo da lei domani mattina, abbiamo bisogno della sua collaborazione". Mentre nella mente di Piero già si faceva strada la fine dell' assurda disavventura capitata a lui e Viane dal mare salì un sussurro monotono e smorzato insieme ad una nebbia fatata che per qualche istante lo addormentò. Non durò a lungo quell'incantesimo, solo il tempo necessario per permettere a William di calarsi dal cielo toccarlo dolcemente con la bacchetta dei sortilegi che gli aveva consegnato Isotta Stella e abbandonare sulle sue ginocchia la missiva presa in consegna da Viane."Che succede, che succede?, urlò ridestandosi mentre un brivido gli corse lungo la schiena, " Mi sono assopito, certo forse per via dei farmaci che prendo ed ho anche sognato. Ora ricordo. Mi aggiravo tra i teatri di Londra ma non in quelli di oggi, in quelli che andavano di moda nel tardo cinquecento a forma circolare in legno e con il palcoscenico formato da una piattaforma sopraelevata e poi due porte sostenute da due colonne e un balcone. Proprio lì ho assistito alla rappresentazione  di una toccante scena d'amore . Sì, ho anche sognato una data , mi sembra 1599 e il teatro si chiamava Globe. Ora che ci penso era il più famoso per le rappresentazioni shakespeariane e i personaggi che sbucavano dal balcone interpretavano Romeo e Giulietta." Parlò così tra sè e sè per qualche istante senza capire più nulla, come succede a chi si risveglia da un sogno di cui non ha chiaro il senso, finchè un fruscio, quasi simile a quello di una foglia smossa dal vento, lo riportò alla realtà. Abbassò i suoi immensi occhi azzurri, che in un giorno felice fecero innamorare Viane, e sulle sue gambe  vide uno scritto accarezzato da una delicata arietta del mattino  pronta a giocare con due fogli di un' impalpabile carta azzurrina . "Di che si tratta", si chiese subito Piero cercando di bloccare quel movimento dispettoso procurato dall'odioso venticello  che gli impediva di leggere il contenuto di quelle pagine arrivate da chissà dove  . "E' la sua calligrafia, è la sua, anche la carta da lettere è la sua, la acquistò l'ultima volta che ci recammo a Londra in un'importante cartoleria. Impossibile!. Ma non è possibile. Mariarosa, Mariarosa, vieni qui". La sua fedele governante alle prese  con un innaffiatoio d'ottone nella vicina limonaia corse in giardino e mentre lui interrompendosi di botto incominciò a leggere  la lasciò per un lungo istante sconcertata e commossa. "Mio caro Piero, il tuo amore senza saperlo mi ha portato a scoprire un mondo straordinario", iniziava con la dolcezza di sempre  la lettera che portava la firma di Viane. "ti penso e non te ne avere se ti confesso che in tutto questo trambusto che sta succedendo intorno a noi io ho trovato le risposte ai miei dubbi e alle mie esitazioni sul senso delle mie scelte di vita. Questo rapimento ormai sta per giungere al finale che tutti speriamo. Presto sarò da te grazie al pentimento del giovane sequestratore ingaggiato da chi tu sai .  Lui è un poeta, anche se non crede di esserlo. Legge, scrive versi, frequenta quasi di nascosto le compagnie teatrali ma nessuno lo sa poichè per i suoi amici è solo "la volpe".  Un po' questo ragazzo  mi assomiglia, forse come quel figlio che ho lasciato andare e che ora vaga senza sapere nulla di me con un nome che  neppure conosco. Con lui sono entrata nella magia della vita ed è questa la cosa più strana ma insieme la più bella che mi sia capitata  accettando, per la prima volta  di lasciarmi andare. Non succcedono a tutti simili rivolgimenti di esistenza ma incomincio a immaginare che invece possono capitare a chi crede nel fantastico, a chi non va sempre diritto per la stessa strada, a chi crede che i sogni non sono solo bolle d'aria che si rompono appena le tocchiamo. Tu lo sai , per natura io sono una sognatrice e anche il nostro incontro mi era stato annunciato. All'epoca mi eri apparso in sogno sulla gualdrappa di un cavallo con un castello sullo sfondo come quel Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi dipinto da Simone Martini nel trecento. Ho sempre fantasticato su quell'affascinante condottiero tanto da pensare che l'uomo che avrei sposato sarebbe stato uguale a lui. Così è stato fin dal primo istante in cui ti ho visto perchè anche senza muoverti mi hai subito comunicato la forza che ti porti dentro per affrontare le vere battaglie, quelle della vita.  Mi trovo in un luogo dove la magia è di casa, in un paese che sicuramente conosci ma che non avresti mai immaginato potesse cambiare il nostro destino. Tornerò da te non appena compiuta una missione, non cedere ai ricatti di Greco, difendi le nostre terre poichè il seme che vi crescerà farà felice il mondo. Un bacio grosso, tua Viane". Piero con la lettera ancora calda tra le mani iniziò a versare lacrime di gioia e senza neppure accorgersene si sollevò dalla carrozzina baciando e abbracciando Mariarosa. "Che fa signor Piero", le urlò spaventata lei,"stia fermo lei non può muoversi". Mariarosa lo minacciò prima con lo sguardo, poi con le parole ma ormai non c'era più nulla da dire, nè da fare. Piero era diritto in piedi e vi rimase per alcuni istanti finchè provò a camminare. "Signor Piero si fermi, cosa le succede, santo cielo si fermi altrimenti cade". La devota governante non fece in tempo a pronunciare questa frase che lui cadde sul serio rotolando dolcemente su un cuscinetto di soffice trifoglio. Sgranando le sue incredule pupille emise un gemito di gioia e dopo essersi sollevato lentamente ricominciò a camminare. "Mariarosa io cammino! E' tutto un sogno, il più bello della mia vita, aveva ragione Viane quando mi diceva che per guarire bisogna crederci, ha ancora ragione ora quando mi scrive che bisogna lasciarsi andare perchè nulla sappiamo dell'oggi e del domani." Gridava con ardore ripetendo a se stesso che l'amore fa trionfare su ogni delusione, su ogni disgusto della vita. Intanto anche a Triora stava per accadere l'inverosimile, Viane e Brando ignari di quel meraviglioso che era appena accaduto dall'altra parte dei monti  si preparavano a compiere l'importante missione che avrebbe spazzato l'infamia che aleggiava sul fantasma di Peirina e su quello delle altre donne condannate al titolo di streghe. "Brando io penso che i maghi sono solo degli uomini malvagi che si nascondono dietro il potere della magia", disse Viane mentre Brando con in mano una bussola preparava il piano che gli ronzava nella mente per mettersi sulle tracce di Peirina. "E' stupefacente come tu sia abile nel rigirare le parole, come dice Polonio nell'Amleto", gli rispose Brando". Discorrevano tra loro quasi a mezza voce memori del fatto che nominando la parola mago potesse ripresentarsi quel vile pipistrello e così, senza che avessero neppure il tempo di immaginarlo, fu. " Eccomi qui. Sarei quindi un uomo malvagio ?", chiese il topaccio spargendo nel casolare quella sua polvere bianca dall'odore disgustoso. "Ah no caro, questa volta  i conti li fai con me", lo avvertì una voce. Isotta Stella comparve nelle vesti di una fata e spruzzando negli occhi del pipistrello un liquido accecante più potente della luce del giorno lo disorientò facendolo repentinamente zittire e infine scappare. "Viane, Brando salite sulle ali di questa farfalla e andate al castello, Peirina vi attende per essere liberata. Cercate il suo simulacro nascosto in un anfratto, pronunciate il suo nome e lei vi apparirà". La coppia si aggrappò alle tenere ali di una gigante farfalla monarca  e sollevandosi nell'immensità del cielo capì il senso della parola libertà. Di lassù si vedevano le punte delle montagne ma anche il mare aperto dove si stendeva grandioso e infinito a strisce verdi, azzurre, gialle e grigie sempre più sottili, leggermente increspate fino alla sfumatura dell'orizzonte. Lì iniziava la libertà.(continua)                                                                                                                                                   .                                                  

domenica 11 gennaio 2015

William e la missiva d'amore

                                           Chiesa campestre, acquerello di Maurizio Spada

Per entrambi quella notte fu l'inizio di un idillio solitario alla scoperta della vita , una sorta di iniziazione che ne svelava tutti i suoi misteri : l'amore, l'amicizia, il dolore, l'ingiustizia, la disperazione ma anche la gioia che li spingeva a cercare nelle loro passioni il senso del proprio cammino . Si ritrovarono così nel casolare senza sapere, ancora una volta, se veramente erano stati sulla luna anche se questo ormai per tutti e due era irrilevante poichè le loro notti, governate da un pensiero magico, continuavano ad essere fonte di illuminazioni che si confondevano tra il sogno e la realtà. "Viane,  vuoi vedere che l' azione gloriosa che stiamo preparando farà parlare il mondo di noi ? Dobbiamo sconfiggere la menzogna. Io voglio urlare a tutti che la vita è poesia". Brando parlò così a Viane  come se  non fosse più la donna appena rapita ma la compagna di un viaggio  alla ricerca dell'io più profondo. Lei incominciò a ridere di un piccolo riso incantato e sul suo volto lo sguardo di Brando non trovò che una solidarietà esaltante. "Sarò con te", rispose Viane , "ora possiamo contare anche sul cervo". "Ma allora siamo andati veramente insieme sulla luna ?",domandò il ragazzo posando nuovamente i suoi occhi confusi su di lei. "Certo, certo che ci siamo stati", lo rassicurò Viane, " ed ora  è venuto il momento di agire. Il primo nostro compito è liberare Peirina dall'incantesimo subito, dimostreremo così che l'amore e la poesia sono in cima agli ideali della vita. A proposito, quel cervo, anzi quel giovane inglese che sulla luna ci ha aperto il suo cuore parlandoci di lei e del loro sentimento chi mai sarà?". "Io ci sarei arrivato", rispose Brando con una specie di ansietà," ma voglio prendere tempo, dovrà dirmelo lui se è chi ho nella mente. A quel punto io avrò compreso che la mia indole è quella del poeta, altro che quella della "volpe" come mi dipingevano certi compagni scapestrati. Non sono un furbo e non mi compiaccio più di esserlo e anche il denaro a che mi serve se poi mi sento un nulla". Pronunciò queste ultime parole quasi con orgoglio e provando un senso di liberazione si rannicchiò in un angolo, poi, con carta e penna, iniziò a scrivere versi così intensi e puri  tanto da non capire neppure lui da che parte gli giungesse tutta quell'ondata di parole dal ritmo antico . Anche Viane prese carta e penna e, con espressione profondamente meditativa e ispirata, preparò una lettera indirizzata a Piero. Rassicurandolo che presto sarebbe tornata gli raccontò dei suoi incontri, dei suoi nuovi scopi e soprattutto di quel seme che, secondo una certa Isotta Stella di Triora, avrebbe salvato il mondo. "Brando, tu pensi che il cervo sarebbe in grado di consegnare questa lettera a Piero?". Rivolse questo interrogativo interrompendo per un istante l'estasi del poeta in erba e lui, sollevando appena lo sguardo dal foglio vergato, le rispose:" Non lo so, a Triora tutto è possibile e il cervo secondo il mio intuito nasconde un cuore grande". "Senti un attimo", lo interruppe lei, "quel mago che con i suoi poteri gli ha inflitto una condanna perpetua dov'è? Perchè non si fa vivo anche con noi? Oh brutto codardo!". Urlò questo termine ma se ne pentì immediatamente. Dalla finestra si udì un fruscio e un gigantesco pipistrello si posò prima sui capelli di lei poi su quelli di Brando sbraitando: " Sono io il mago e presto ve lo dimostrerò". Gridava Viane spalancando gli occhi con orrore, gridava  Brando e insieme si misero a correre fuori dall'essicatoio ma mentre quel topaccio alato si posava nuovamente sulla chioma di Viane inorridita comparve il cervo. Tre fendenti  con le sue corna ramose provviste di pugnali e il pipistrello cadde a terra ferito ma non morto. "Stai attento cervo", sentenziò l'uccellaccio nero del malaugurio rimuovendo le sue ali malandate, "se non rispetterai i miei voleri profanerò la tua tomba, brucierò tutti i tuoi scritti, racconterò al mondo tutte le tue bugie, ti ridicolizzerò di fronte ai tuoi numerosi ammiratori. Dirò che eri un attore da quattro soldi, uno che nei suoi anni bui fece perdere le sue tracce perchè non aveva più neanche un'ispirazione. La ritrovasti  nel piccolo paese di Triora perchè ti eri innamorato ma io ti condannai a cercarla altrove . Nessuno qui seppe mai chi veramente eri.  Detesto i poeti come te. Io non sono mai stato un sognatore, io non contemplo, agisco . Ai tempi questa valle era il granaio di Genova e molti potenti avevano interesse che tale restasse. Mi venne chiesto di trovare dei finti colpevoli per giustificare il fenomeno della carestia ed io lo feci, non me ne pento. Mi pagarono ben bene e così, con l'inganno e la menzogna sono diventato ricco senza tanta fatica, senza alcun rimorso e ancora me la godo. Addio cervo, addio stupido Bardo!" Si alzò in volo un po' malconcio ma ancora gongolante e spandendo qua e là una polverina bianca scomparve rivelando una crudeltà sottile. "Bardo?", si chiese Brando imbrogliandosi per qualche istante in quel soprannome a lui familiare. Riprese a parlare dopo aver fatto quattro conti e rivolgendosi al cervo soggiunse : " King Men ora svelaci chi veramente sei?". Fece questa domanda anticipando tra sè e sè quello che sperava e nelle sue pupille, dopo tanto sgomento, comparve una specie di interrogazione fiduciosa. "Sei nato a Stratford sull'Avon? Sei tu il massimo poeta nazionale e portavoce dello spirito inglese? Sei tu l'uomo che attraverso le sue opere ha inondato le biblioteche del mondo? Insomma, sei tu l'autore di eleganti e giocose commedie che io ho letto con voracità e di quell'incantevole tragedia intitolata Romeo e Giulietta  con cui ogni sera mi addormento?". Ci fu silenzio, poi il cervo nobile abbassando i suoi palchi spezzati dalla recente collutazione si rivelò: "Ragazzo, sotto queste mie sembianze come già ti avevo fatto intendere sulla luna dove torno ad essere quello che in realtà sono, c'è il tuo William, William Shakespeare". " William Shakespeare?", ripetè Brando sillabando quel nome piano, piano e come se stesse entrando nei frammenti di una fiaba gli chiese di fornirgli una prova. "E' giusto che tu voglia sincerarti della mia identità ragazzo, ascoltami un attimo." Il cervo si schiarì la voce poi assumendo i toni di un attore recitò, prima in inglese e poi in italiano, versi che non avrebbero messo in discussione la sua dichiarazione. "With love's light wings did I o'erperch these walls, sulle ali leggere dell'amore ho superato queste mura...". " Basta fermati", non dire altro disse Brando, "For stony limits cannot hold love out, non ci sono limiti di pietra che possono impedire il passo all'amore". Duettarono per qualche istante i meravigliosi versi di Romeo e Giulietta finchè con una riverenza Viane si accostò al cervo consegnandogli la lettera per Piero quasi si sentisse la Juliet della sua tragedia . Lui, infilandosi tra le pieghe delle nuvole , scomparve oltre il cielo infinito portando con sè quella missiva d'amore. Nei soffi delicati  dell'aria del mattino si preparava una nuova avventura. (continua)                                                                                                 .                                                  

domenica 4 gennaio 2015

King's Men

                                            Verso il monte, acquarello di Maurizio Spada

Ci sono cose che si scoprono solo guardando la luna, a Viane e a Brando gli si rivelarono proprio così. "Guarda Brando il cervo ci fa segno di seguirlo dentro la luna." disse con la sua voce d'argento Viane sgranando gli occhioni verdi  rapiti da quell'evento straodinario. "Non è possibile. Ah no, ora lo vedo anch'io. Il cervo muove la testa, i suoi occhi parlano, ha lanciato un bramito, ci vuole trascinare con sè. Oh e ora che succederà? Ma poi come si fa ad entrare dentro la luna?" Non fece a tempo a domandarselo che con una piroletta vi si trovò dentro insieme a Viane. "Ma chi si immaginava un posto così fantastico e un'aria così leggera. Oh che bello osservare le nuvole da qui. Guarda Viane le posso toccare, sono soffici , sono mie". Gioiva Brando di fronte a questa inaspettata visione e da vero poeta si mise per qualche istante in silenziosa contemplazione percependo profumi forse inesistitenti, cogliendo tutte le sfumature del blu che il cielo offre in quelle notti d'estate in cui si contano le stelle a mille. "Ma il cervo, dov'è il cervo?", chiese ridestandosi da quella breve estasi in cui la sua vita sembrava capovolgersi e tutto incanalarsi verso la strada dell'evoluzione. "Dov'è?", domandò un'altra volta rivolgendosi a Viane che intanto si era seduta su una duna rosata costellata di fiori  che a intemittenza si illuminavano mostrando una corolla di petali giallo canarino. Poco più in là riapparve il cervo o meglio quello che prima era tale.Camminava lento e possente ma aveva perso il simbolo della sua regalità, anzi, a dir il vero, non solo era privo dei suoi palchi vellutati  era proprio tutto fuorchè un cervo. "Sono io il cervo", disse con la voce avvolgente di un attore un bel giovane con indosso abiti rinascimentali e sfoggiando un bel cipiglio. Più Brando lo osservava e più non si capacitava di quella tasformazione. Davanti a loro ora c'era un  Sir con tanto di gorgiera a mola di mulino di pregiatissimo pizzo al collo, una giacchetta cosparsa di gioielli cuciti a effetto "cassaforte", dei ridicoli calzoni a calzamaglia e dei flosci stivali.  "Tu il cervo?", gli chiese sorpreso  osservandolo dalla testa ai piedi mentre quello si sistemava le buffe maniche della giacca che partendo strette dalle spalle si allargavano gradualmente fino al gomito assumendo una curiosa forma a imbuto , "Tu sei un uomo in carne ed ossa. Da che parte vieni?" Poi con occhi ostili, simili alle meteore di un cielo turbato, aggiunse: " Ti stai forse prendendo gioco di me, anzi di noi? ". Ci fu un silenzio cupo così come solo sulla luna si può immaginare avvenga. Tutto si fermò, persino i fiori che brillavano sulla duna rosata smisero di accendersi e spegnersi . Si stava  per compiere la solennità di un incantesimo. " Not from the stars do I my judgment  pluck , io non traggo i miei giudizi dalle stelle.." iniziò a raccontare il giovanotto. "Ma tu parli inglese, sei inglese allora?", gli domandò Brando con sussiego come se ad un tratto in quelle parole avesse riconosciuto un qualcuno a lui noto, molto noto. "Ebbene sì, sono inglese  ma questo poco importa", rispose con un sorriso ironico il tipetto aggiustandosi la smisurata gorgiera , " ora invece voglio svelarvi perchè qui sulla luna sono un umano come voi e in terra sono un cervo. Era il 1587 quando giunsi a Triora con la mia compagnia di teatranti, avevo  ventitrè anni e durante una rappresentazione al castello mi innamorai di una ragazza di Badalucco dai lunghi capelli color miele . Era diversa dalle donne che fino ad allora avevo conosciuto, non solo nel fisico minuto e delicato ma anche nell'animo. Ci incontravamo di nascosto e una sera, dopo esserci detti mille volte buona notte, ci giurammo eterno amore. Lei non sapeva che io ero già sposato e forse non era importante neanche che glielo rivelassi poichè tra di noi c'era qualcosa di più dell'amore , c'era la poesia. But from thine eyes my knowledge I derive, è dai tuoi occhi che traggo il mio sapere, le dicevo". "Vai avanti, vai avanti", incalzò Brando, "raccontaci allora perchè sei stato ridotto in cervo." "Ormai sapete che qui a Triora molte donne all'epoca vennero incolpate di stregoneria  e tra queste ci fu anche lei, la mia Peirina". "Peirina?", esclamarono in coro Brando e Viane , "Ma tu allora fai parte della  magia inflitta da quel mago che aveva trasformato tutte le innocenti in streghe profetizzandone la liberazione solo attraverso riti molto lontani". "Proprio così", rispose il giovanotto aggiustandosi  nuovamente il colletto dell'elegante giacca ricamata con fili dorati che sotto i riflessi della luna risplendevano rendendolo quasi divino  ,"io mi schierai tra i pochi che credevano nell' innocenza delle fanciulle del paese e soprattutto di Peirina così venni immediatamente allontanato  insieme a tutta la mia compagnia.  Mi fu soprattutto proibito di vedere per l'ultima volta Peirina che intanto era stata rinchiusa nella casa del Meggio ma io trasgredii gli ordini e mentre una notte salivo su uno dei balconi  venni fatto prigioniero e consegnato al vicario dell'inquisitore di Genova. Lui comprendendo che ero inglese e che quindi non avevo reali interessi pecuniari con quella storia che tutti sapevano determinata da una manovra economica dei proprietari terrieri mi assolse pretendendo in cambio tutti i gioielli che portavo cuciti sulla giacca. Tuttavia un illustre mago di Triora, mentre mi trovavo al castello per radunare i miei averi, mi sbarrò la strada e ricordandomi che ero fuggito dal mio paese poichè ero stato accusato da un certo Sir Thomas Lucy di aver cacciato di frode un cervo nella sua tenuta mi inflisse la maledizione di trasformarmi in cervo ogni volta che avrei messo piede nella Valle Argentina. Così io qui non venni più ma ora, poichè voglio restituire dignità a Peirina ho deciso di ritornarci e quindi finchè con il vostro aiuto non la riscatterò vagherò su questa terra nelle vesti di un cervo". Ci fu un vento strano intorno e una libellula con il volto di una delicata fanciulla prese a svolazzare spargendo foglietti di carta scritta a mano. "E' Peirina", dichiarò Brando dopo averne raccolto uno in cui riconosceva alcuni dei suoi versi già letti . "Forse", rispose l'elegante commediante che intanto gli strizzava un occhio. "Ma tu alla fine chi sei ? " Ribadì Brando  , "Come ti chiami?". "Sono un commediante te lo ripeto. Un commediante di successo. Ma il mio nome lo conoscerai più avanti per ora chiamami  King's Men  ". "King's Men? ", chiese Brando sempre più curioso ma anche sempre più vicino alla soluzione di questa misteriosa identità. "Sì questo era il nome della compagnia con cui giravo nei teatri di Londra. Quando venni qui a Triora invece fingevo di dirigere una compagnia di dilettanti . Non volevo farmi riconoscere. Per me quelli erano gli anni bui, soffrivo di un certo mal di vivere, in verità avevo avuto qualche guaio per aver veramente cacciato un cervo e non andavo d'accordo con mia moglie". Iniziò a piovere e King's Men,  li invitò a seguirli dentro una piccola casa il cui tetto era curiosamente fatto solo di libri. "E' qui che abiti quando non vieni sulla terra ?", gli chiese Brando guardandosi intorno. "Sì ma ci starò ancora per poco . Giusto il tempo di liberare Peirina e le altre donne dal sortilegio di quel mago che le aveva ridotte per sempre al destino di streghe. Quel giorno, dopo averti consegnato un romance ancora inedito e donato i miei palchi regali, il mio compito in questa valle sarà finito e io tornerò a riposare nella mia terra . Mi manca sai ? La mia lapide è lì. Mi piace anche stare qui ma nessuno sa chi sono. E pensare che se mai lo scoprissero..". La disse a mezza voce quest'ultima frase ma immediatamente se la rimangiò.  Stava albeggiando, il cielo era uniformemente azzurro, le nuvole toglievano il loro velo dal monte delle Forche e Viane e Brando erano ormai pronti per la loro missione. Tornarono sulla terra sospinti dal vento insieme a King's Men che, dopo aver abbandonato il suo dorato mantello con appuntati dei Nobili vistosissimi galloni, ritornò ad assumere le sembianze di un cervo. (continua)                                                               .