domenica 11 gennaio 2015

William e la missiva d'amore

                                           Chiesa campestre, acquerello di Maurizio Spada

Per entrambi quella notte fu l'inizio di un idillio solitario alla scoperta della vita , una sorta di iniziazione che ne svelava tutti i suoi misteri : l'amore, l'amicizia, il dolore, l'ingiustizia, la disperazione ma anche la gioia che li spingeva a cercare nelle loro passioni il senso del proprio cammino . Si ritrovarono così nel casolare senza sapere, ancora una volta, se veramente erano stati sulla luna anche se questo ormai per tutti e due era irrilevante poichè le loro notti, governate da un pensiero magico, continuavano ad essere fonte di illuminazioni che si confondevano tra il sogno e la realtà. "Viane,  vuoi vedere che l' azione gloriosa che stiamo preparando farà parlare il mondo di noi ? Dobbiamo sconfiggere la menzogna. Io voglio urlare a tutti che la vita è poesia". Brando parlò così a Viane  come se  non fosse più la donna appena rapita ma la compagna di un viaggio  alla ricerca dell'io più profondo. Lei incominciò a ridere di un piccolo riso incantato e sul suo volto lo sguardo di Brando non trovò che una solidarietà esaltante. "Sarò con te", rispose Viane , "ora possiamo contare anche sul cervo". "Ma allora siamo andati veramente insieme sulla luna ?",domandò il ragazzo posando nuovamente i suoi occhi confusi su di lei. "Certo, certo che ci siamo stati", lo rassicurò Viane, " ed ora  è venuto il momento di agire. Il primo nostro compito è liberare Peirina dall'incantesimo subito, dimostreremo così che l'amore e la poesia sono in cima agli ideali della vita. A proposito, quel cervo, anzi quel giovane inglese che sulla luna ci ha aperto il suo cuore parlandoci di lei e del loro sentimento chi mai sarà?". "Io ci sarei arrivato", rispose Brando con una specie di ansietà," ma voglio prendere tempo, dovrà dirmelo lui se è chi ho nella mente. A quel punto io avrò compreso che la mia indole è quella del poeta, altro che quella della "volpe" come mi dipingevano certi compagni scapestrati. Non sono un furbo e non mi compiaccio più di esserlo e anche il denaro a che mi serve se poi mi sento un nulla". Pronunciò queste ultime parole quasi con orgoglio e provando un senso di liberazione si rannicchiò in un angolo, poi, con carta e penna, iniziò a scrivere versi così intensi e puri  tanto da non capire neppure lui da che parte gli giungesse tutta quell'ondata di parole dal ritmo antico . Anche Viane prese carta e penna e, con espressione profondamente meditativa e ispirata, preparò una lettera indirizzata a Piero. Rassicurandolo che presto sarebbe tornata gli raccontò dei suoi incontri, dei suoi nuovi scopi e soprattutto di quel seme che, secondo una certa Isotta Stella di Triora, avrebbe salvato il mondo. "Brando, tu pensi che il cervo sarebbe in grado di consegnare questa lettera a Piero?". Rivolse questo interrogativo interrompendo per un istante l'estasi del poeta in erba e lui, sollevando appena lo sguardo dal foglio vergato, le rispose:" Non lo so, a Triora tutto è possibile e il cervo secondo il mio intuito nasconde un cuore grande". "Senti un attimo", lo interruppe lei, "quel mago che con i suoi poteri gli ha inflitto una condanna perpetua dov'è? Perchè non si fa vivo anche con noi? Oh brutto codardo!". Urlò questo termine ma se ne pentì immediatamente. Dalla finestra si udì un fruscio e un gigantesco pipistrello si posò prima sui capelli di lei poi su quelli di Brando sbraitando: " Sono io il mago e presto ve lo dimostrerò". Gridava Viane spalancando gli occhi con orrore, gridava  Brando e insieme si misero a correre fuori dall'essicatoio ma mentre quel topaccio alato si posava nuovamente sulla chioma di Viane inorridita comparve il cervo. Tre fendenti  con le sue corna ramose provviste di pugnali e il pipistrello cadde a terra ferito ma non morto. "Stai attento cervo", sentenziò l'uccellaccio nero del malaugurio rimuovendo le sue ali malandate, "se non rispetterai i miei voleri profanerò la tua tomba, brucierò tutti i tuoi scritti, racconterò al mondo tutte le tue bugie, ti ridicolizzerò di fronte ai tuoi numerosi ammiratori. Dirò che eri un attore da quattro soldi, uno che nei suoi anni bui fece perdere le sue tracce perchè non aveva più neanche un'ispirazione. La ritrovasti  nel piccolo paese di Triora perchè ti eri innamorato ma io ti condannai a cercarla altrove . Nessuno qui seppe mai chi veramente eri.  Detesto i poeti come te. Io non sono mai stato un sognatore, io non contemplo, agisco . Ai tempi questa valle era il granaio di Genova e molti potenti avevano interesse che tale restasse. Mi venne chiesto di trovare dei finti colpevoli per giustificare il fenomeno della carestia ed io lo feci, non me ne pento. Mi pagarono ben bene e così, con l'inganno e la menzogna sono diventato ricco senza tanta fatica, senza alcun rimorso e ancora me la godo. Addio cervo, addio stupido Bardo!" Si alzò in volo un po' malconcio ma ancora gongolante e spandendo qua e là una polverina bianca scomparve rivelando una crudeltà sottile. "Bardo?", si chiese Brando imbrogliandosi per qualche istante in quel soprannome a lui familiare. Riprese a parlare dopo aver fatto quattro conti e rivolgendosi al cervo soggiunse : " King Men ora svelaci chi veramente sei?". Fece questa domanda anticipando tra sè e sè quello che sperava e nelle sue pupille, dopo tanto sgomento, comparve una specie di interrogazione fiduciosa. "Sei nato a Stratford sull'Avon? Sei tu il massimo poeta nazionale e portavoce dello spirito inglese? Sei tu l'uomo che attraverso le sue opere ha inondato le biblioteche del mondo? Insomma, sei tu l'autore di eleganti e giocose commedie che io ho letto con voracità e di quell'incantevole tragedia intitolata Romeo e Giulietta  con cui ogni sera mi addormento?". Ci fu silenzio, poi il cervo nobile abbassando i suoi palchi spezzati dalla recente collutazione si rivelò: "Ragazzo, sotto queste mie sembianze come già ti avevo fatto intendere sulla luna dove torno ad essere quello che in realtà sono, c'è il tuo William, William Shakespeare". " William Shakespeare?", ripetè Brando sillabando quel nome piano, piano e come se stesse entrando nei frammenti di una fiaba gli chiese di fornirgli una prova. "E' giusto che tu voglia sincerarti della mia identità ragazzo, ascoltami un attimo." Il cervo si schiarì la voce poi assumendo i toni di un attore recitò, prima in inglese e poi in italiano, versi che non avrebbero messo in discussione la sua dichiarazione. "With love's light wings did I o'erperch these walls, sulle ali leggere dell'amore ho superato queste mura...". " Basta fermati", non dire altro disse Brando, "For stony limits cannot hold love out, non ci sono limiti di pietra che possono impedire il passo all'amore". Duettarono per qualche istante i meravigliosi versi di Romeo e Giulietta finchè con una riverenza Viane si accostò al cervo consegnandogli la lettera per Piero quasi si sentisse la Juliet della sua tragedia . Lui, infilandosi tra le pieghe delle nuvole , scomparve oltre il cielo infinito portando con sè quella missiva d'amore. Nei soffi delicati  dell'aria del mattino si preparava una nuova avventura. (continua)                                                                                                 .                                                  

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