venerdì 13 febbraio 2015

L'amore oltre la luna

                                       Pannocchia di granturco, acquaerello di M. Spada                                      

A Grimaldi nel frattempo si festeggiava e l'idea che la vita possa sorprendere, anche quando ormai è subentrata la rassegnazione, stava per insinuarsi tra gli abitanti del minuscolo paese e dintorni. "E' un mistero, il signor Piero è tornato a camminare", si bisbigliava nei vicoli, risonanti solo dei passi delle persone curiose, nei bar e perfino tra le barche, mentre nel mare liscio alcuni pescatori sorvegliavano le loro lenze che scendevano diritte nel buio dell'acqua. Qualcuno sorrideva, altri si guardavano increduli, altri ancora se ne uscivano con un rassegnato: "c'est la vie". Tuttavia quel fatto idilliaco aveva rimesso in giro un certo buon umore innescando, anche tra i più scettici, una predisposizione alla positività immaginando che chissà, forse, quello che si credeva impossibile ad un tratto poteva trasformarsi in possibile. Piero era esultante e mentre Viane proseguiva il suo misterioso viaggio nel fantastico mondo di Triora lui si ritrovava, con amici e parenti, nella sua bella villa dove erano anche accorse le tre  amiche della sua sposa, informate che presto sarebbe giunta anche lei. Sofia arrivò per prima, tutta in bianco e rosa, con il volto raggiante di gioia ombreggiato da una grande paglia ancora estiva sulla quale grappoli di uva artificiale evocavano discreti i vigneti di Dolceacqua in cui alcuni suoi parenti producevano un profumato vinello, color rubino, chiamato Rossese e con il quale, proprio quella sera, l'intero borgo brindò. Quasi al tramonto, intanto che il cielo si infiammava di tutte le tonalità che vanno dall'arancio al rosso e poi ancora dal rosso all'arancio fino a divenire un unico colore, nel giardino, allestito a festa, giunsero anche Emma e Francesca, ancora incredule per quanto era successo a Piero e trepidanti per l'imminente rilascio di Viane annunciato perfino dai giornali locali. Si guardavano intorno, con la solita affettuosa malizia, disorientate come se d'un tratto si fossero accorte che la vita ha in serbo dei misteri capaci di soppiantare il calcolo e la stessa ragione . Poco più lontano, nella valle Argentina, dove il silenzio è persona, Viane e Brando, attraverso le parole di Peirina, entravano nei fatti segreti del 1587. La dolce figura femminile era a loro apparsa nello sventolio di un'ampia gonna ricamata e con la massa di capelli color  notte mossi da un vento antico, si mostrava turbata ma trionfante. Procedeva lenta  ruotando ad ogni passo la soffice gonna e mentre un fascio di luce bianca l'avvolgeva i suoi occhi e tutta la sua persona esprimevano la pacatezza e la soavità di chi si ridesta in nome dell'amore. William nascosto, come esigeva il sortilegio imposto da Isotta, l'ascoltava e chissà cosa avrebbe pagato per vederla, riabbracciarla e dirle, con il timbro melodioso della sua voce d'attore, che lei era stata il suo unico immenso amore e musa indiscussa di quella tragedia che li vide amanti. "Grazie per aver rotto l'incantesimo, grazie amici per avermi portato via dall'inferno dei sabba, grazie per aver riscattato la mia reputazione." Iniziò con queste ripetute espressioni di gratitudine il ritorno di Peirina alla sua vera identità insieme a un pianto sommesso, non di dolore ma di felicità. "In diversi provarono a liberarmi", proseguì con voce bella e pacata" ,soprattutto nel seicento ma nessuno ci riuscì. Il primo fu Salvator Rosa nel 1660, un pittore napoletano, soprannominato il principe delle tenebre, affascinato dalla nostra storia di streghe ma subito messo in fuga dalle prepotenze del mago che l'aveva minacciato di trasformarlo in un viscido serpente . Poi fu la volta di Sybilla Merian, la farfalla monarca che vi ha condotto fin qui e la cui vera identità doveva restare avvolta di mistero finchè non si apriva questo alto muro che mi teneva prigioniera. Sybilla era diventata una nostra protetta, in lei abbiamo visto quello che avremmo voluto essere anche noi circa un secolo prima, donne di un Rinascimento proteso a scoprire l'autonomia dell'individuo, la libertà della ragione dalla fede e pronte anche a combattere il tiranno. La sua emancipazione non poteva essere interrotta per riscattare la nostra reputazione e per questo le suggerimmo di andarsene, Triora in quel momento non era per lei, la meta giusta era l'America del Sud, sapevamo che lì, nella scoperta di un mondo animale e vegetale ancora sconosciuto, avrebbe trovato la felicità." Peirina parlava con lo sguardo dei tempi in cui era vissuta ed era bello ascoltarla mentre muoveva la sua bocca infantile soprattutto quando si riferiva a certe aspirazioni della sua epoca facendo intendere che alcuni modelli ideali gettarono i semi negli interstizi della coscienza e del tempo. "Dicci di più, narraci la tua storia ", chiese Viane affascinata da questa donna che sembrava più consapevole e moderna di quanto si potesse immaginare. "Ero la figlia di un pittore", iniziò a raccontare lei, nato nel 1530 e morto di dolore per la mia scomparsa nel 1593. Fu lui il primo a vedere in me la poetessa, fu lui ad essermi maestro, guida e consigliere, fu lui che fino all'ultimo si battè per discolparmi dall'accusa di essere una strega. Entrambi ci facevamo ispirare dalla natura, io le dedicavo versi , lui la ritraeva stravolgendola. Mio padre dipingeva quadri a doppio senso." "Vorrai dire con la tecnica del "capriccio" ?", domandò Viane sempre protesa a indagare sull'arte e i suoi splendori. "Sì il "capriccio" se così oggi chiamate quel meraviglioso universo artistico che seduceva al primo sguardo. In paese però non era ben visto. Cominciò a girare la voce che fosse un bislacco per via di quei suoi dipinti stravaganti, non capivano la sua ironia e certe sue caricature vennero fraintese tanto da creare intorno a sè più nemici che amici. Fu lui ad invitare qui Bartolomeo Passerotti, l'autore dell'opera che avete appena scoperto ma in verità, prima di essa vi era un suo dipinto. Era il ritratto di un uomo con la testa ornata da un cereale che qui non si era mai visto e subito si sparse la voce che si trattasse di una diavoleria. In realtà era una scoperta fatta da alcune donne di Triora che per caso, senza saperlo, avevano incrociato alcune piantine dalle quali nacque un seme che, tramutato in farina, dava al pane un sapore magico tanto che tutti iniziarono a volerne sempre di più . Quel dipinto venne subito rimosso e bruciato  ma mio padre che conosceva bene Passerotti lo chiamò a dipingerne un altro più misterioso del suo. Ed è lì che, ancora oggi, è racchiuso il segreto delle donne di Triora. Quando il prezzo del grano cominciò a traballare alcuni possidenti, gelosi ed interessati,  iniziarono a dare la caccia alle streghe ed io, essendo la figlia di quel pittore ribelle che aveva ritratto un uomo con la testa avvolta da un cereale misterioso, venni subito imputata". A un certo punto si interruppe e un'ombra dura calò sul suo viso  come se risvegliandosi da quel letargo stesse rivedendo tutto l'orrore di quei momenti funesti . "Che c'è Peirina?", disse sempre più curiosa Viane rapita da quelle vicissitudini  che come una porta girevole ruotavano intorno ai suoi occhi . "C'è che in seguito a quell'infamia non potei rivedere più l'uomo che amavo. C'eravamo conosciuti qui in questo castello,  una notte d'estate, durante la rappresentazione di un suo play e fu subito amore, l'incanto della poesia che rende l'universo più sopportabile e lieve ci unì senza che ce ne accorgessimo. Si chiamava William ed era un poeta. Veniva da molto lontano parlava inglese, la lingua di mia madre,una nobildonna di Oxford che mi lasciò ancora in tenera età, i suoi canti erano sublimi, lui sapeva spalancare al primo sguardo le cose ultime e prime della vita. Si fermò nel suo racconto e gli occhi le si invasero di malinconia e di rimpianto finchè con l'ultimo filo di speranza iniziò a chiedersi: "Chissà dov'è, chissà se i suoi versi restarono per me o entrarono nel cuore di altre donne? Vorrei rivedere il suo volto, il suo sorriso luminoso"  Fu allora che Brando prese coraggio e schiarendosi la voce la rassicurò: " Peirina, William è qui e giura d'amarti ancora come allora , più di allora, ma non puoi vederlo. "Oh Brando vorrei vederlo un solo istante", chiese lei sospirando. " Non si può Peirina", rispose lui guardando quel volto che splendeva di un vivace splendore. Dalla montagna si alzò una musica, una sorta di dialogo notturno tra due strumenti immaginari il cui timbro dell'uno e dell'altro sviluppò un'atmosfera di dolcezza calda e affettuosa. In quell'allegro sotto forma di sonata che rifuggiva cristallina ed elegante lei recitò: "Il mio amore te l'ho già dato prima che me lo chiedessi, eppure vorrei dovertelo dare di nuovo". Il silenzio durò due minuti finchè si sentì un rumor leggero di passi e una voce che prima lontana e poi vicina ricamò nell'aria un altro verso noto: "Felice sono io che amo e son riamato dove l'amor non cambia nè può esser ripudiato" . Non ce la fece William, non riuscì a rispettare quel patto stipulato con Isotta, era troppo grande quell'amore. Voleva riabbracciare la sua poetessa dall'aria così libera, le cui labbra morbide e avvolgenti sapevano dei frutti di bosco di Triora, voleva accarezzare, anche solo per un momento, la sua pelle color miele,voleva nuovamente provare quel brivido che accelera il respiro , l'attimo in cui tutto prende luce come la più bella delle costellazioni. Uscendo dal suo nascondiglio corse verso di lei e guardandola fissamente coi suoi occhi languidi , la strinse forte a sè, la baciò con tutto l'ardore di chi quell'ìstante l'aveva a lungo sospirato. Insieme stretti per mano volarono verso la luna avvolti nella medesima gioia d'amore. (continua)                                                                                                                                                                                                                          .                                                

domenica 1 febbraio 2015

I misteri del castello

                                      Papillon, acquerello su carta di Maurizio Spada

La grande farfalla monarca, fiera nella sua livrea arancione, ingigantita per volere di Isotta, danzava nel cielo come una leggiadra ballerina accompagnata  da un molto allegro quartetto d'archi in sol maggiore. Ruotava e modificava il volo d'attacco, in cui l'ala entra nell'aria, quasi con trasgressione,  disegnando figure fantastiche. "Guarda Viane quello è un elfo", urlava sbalordito Brando girandosi indietro, "oh, adesso c'è un cavallo alato, ora una sirena". Anche Viane si perdeva tra quei soavi miraggi aerei creati dall'artistica farfallina facendosi, di volta in volta, avvolgere da un impeto di gioia e da una muta beatitudine. Tutti e due vedevano quello che un tempo non avrebbero mai potuto scorgere se non in un sogno . L'aria aromatica che giungeva dal mare li travolgeva. Era là, il mare a strisce turchine e verde bottiglia, era lì il suo fondo graziosamente ondulato e l'aria sembrava essere solo mossa da quel lieve e grandioso sussurro che diceva parole di bontà. "Come ti chiami?", domandò Viane alla magica farfalla mentre lei seguendo una  sua immaginaria musica ne abbandonava il velo di mistero fino a farsi trascinare nella lentezza di un andante. "Sybilla", rispose , "e vengo da molto lontano. Per fortuna sono una grande viaggiatrice e con  le mie numerose tecniche di volo  sono capace di compiere anche più di duemila chilometri". "Dunque non sei di qui?", chiese con curiosità Viane. "No,  ma..".Sybilla si schiarì la vocina flebile e atterrando su un campo di soffice camomilla  iniziò a narrare la sua storia personale. " Statemi a sentire", disse scrollando prima un'ala e poi l'altra  per far  scendere dalla sua livrea  Viane e  Brando, " Beh, ormai vi è chiaro, qui a Triora le donne non erano ben viste nei secoli passati e quando ci sono capitata nel 1690  sono divenuta anch'io vittima di una magia." "Nel 1690?", esclamarono stupiti i suoi interlocutori. "Che ci facevi qui in quella data? Ma chi sei in verità?, aggiunse Viane sempre più confusa. Sybilla  sospirò per qualche istante quindi parlò: "Io sono un' entomologa ma sono  nota soprattutto per le mie doti di pittrice naturalista, in particolare mi sono dedicata allo studio delle farfalle tropicali dipingendole su delle tavole che ancora oggi fanno il giro del mondo insieme a quelle dove compaiono iguane,serpenti, ragni , ananas, manioche e papaie . Le mie origini sono tedesche ma ho vissuto anche nell'America del Sud e precisamente nella Guyana, oggi Suriname. Lì, in quella colonia olandese abitata da indigeni amerindi, ho fatto l'esploratrice, scoprendo tutta una specie di animali e vegetali del tutto sconosciute in Europa". "Vieni al dunque", la esortò Brando con la sua solita impazienza, "che centra tutto questo con Triora e con quello che sei adesso? Com'è che conosci Isotta, Peirina e forse anche William, il nostro amico cervo?". "Ah miei cari, vorrei svelarvi tante cose ma per ora non posso e chi sono veramente lo scoprirete strada facendo. Io venni qui per caso circa un secolo dopo la data del processo dell'Inquisizione. All'epoca ero diretta in Olanda , il mio matrimonio era andato a rotoli, volevo ritirarmi in un castello dove già viveva una comunità di ricercatori protestanti per compiere alcuni studi sulle farfalle tropicali ma, per motivi  che non posso rivelarvi,  mi ritrovai a Triora. Ero una donna molto curiosa e determinata e un amico inglese, beh un po' di più di un amico, anch'esso grande naturalista e già residente a Ventimiglia, mi aveva indotta a spingermi fin qui  poichè, a suo avviso, in questa valle vi erano delle piante e degli insetti ancora sconosciuti. Volevo dipingerli, studiarli, selezionarli  e riportarli nell'opera che più avanti, quando andai nella Guyana, avrei portato a termine . Giunsi in questo borgo con tanti sogni e tante speranze, figuratevi che la mia passione erano i bruchi ed io li andavo a scovare ovunque specialmente sotto i massi. Un giorno però anch'io mi imbattei nel terribile mago a voi noto. Avevo quasi sollevato la pietra che ben conoscete, quella con l'impronta del cervo. Stavo per leggere la data che vi era impressa, il discusso anno 1587, quando una voce mi esortò a fermarmi. Non sapevo che in quel modo avrei liberato Isotta Stella, cosa che quel mago osteggiava. Lui mi apparve nelle vesti di una vespa e pungendomi mi allontanò dal masso. Passò qualche istante, in cui rimasi stordita per il dolore,e mi risvegliai nelle vesti di una farfalla monarca mentre una voce mi intimava di andarmene e di non mettere mai più piede a Triora poichè, ogni qual volta l'avessi fatto, sarei stata tramutata in farfalla, l'insetto di satana come si diceva in quell'era piena di superstizioni popolari e di ignoranza in materia naturalistica . La cosa non mi dispiaceva anzi quella mia metamorfosi, seppur passeggera, poteva servirmi per il trattato che stavo scrivendo ma delle donne, radunate sotto un albero di noci, me lo sconsigliarono. C'erano anche Isotta e Peirina, mi raccontarono la loro triste storia e poi mi dissero di andarmene poichè io all'epoca dovevo restare chi in realtà ero. Si commossero per le mie imprese, a loro modo erano delle naturaliste, così  con quella complicità tutta femminile vollero sacrificarsi  a mio favore . Sono passati diversi secoli da quel giorno  e per fortuna ora ,col vostro aiuto, sarà fatta giustizia. Io riposavo nel cimitero di Amsterdam ma Isotta , coi suoi nuovi poteri da fatina,  mi ha ridestata portandomi nuovamente qui per darvi una mano ." La storia mise un po' di ansia sia a Viane sia a Brando timorosi di non farcela a uscire indenni da questa avventura dove forse a loro volta potevano diventare vittime di quel magaccio senza scrupoli ed essere trasformati in chissà quale animale. "Mamma mia", pronunciò Viane guardando negli occhi prima Sybilla e poi Brando, "che storia senza fine è questa, mi si sta gelando il cuore " Salirono nuovamente sulla livrea della farfalla e aggrappandosi alle sue stupende ali macchiate di bianco tra volteggi di ogni genere giunsero al castello di Triora. Ormai era sera e tutto intorno sembrava tingersi di paura e di sospetto. Sybilla li aveva appena lasciati ricordando ai suoi amici prudenza e circospezione. Erano soli e Brando sentiva la mancanza del suo William anche se ,dentro di sè, sapeva che presto gli sarebbe apparso, lui era uno da colpi di scena. "Brando, Brando, che si fa adesso, non abbiamo neppure una torcia e qui è tutto buio e diroccato", disse Viane provando un senso di inadeguatezza a quella che pareva una vicenda sempre più pericolosa. "Fra poco ci sarà la luna ", rispose Brando e poi in terra ci sono disegnate delle frecce, non ci perderemo e prima o poi troveremo Peirina". Intanto ogni tanto si udiva il verso di una civetta, poi lo strisciare di qualche serpentello e dietro di lui la corsa di una colonia di gatti neri alla ricerca di cibo, oltre allo squittio di grossi topi che, qua e là, entravano e uscivano dai muri del castello. Sembrava di essere in un luogo lugubre e allo stesso tempo sacro ma soprattutto vietato. "Brando, guarda lì", lo richiamò Viane mentre lui con lo sguardo cercava il suo William da ogni parte."Su questa parete c'è un dipinto,  e raffigura delle donne nell'atto di macinare un chicco che non è grano. Aspetta un attimo , c'è la data. Oh, ancora !587".Viane per quache istante rimase impietrita, poi curiosa come sempre di ogni genere di pittura iniziò ad esaminare l'opera. L'accarezzò per stabilirne lo stato, la guardò da lontano e poi da vicino finchè, con l'entusiasmo di un intenditore,  esclamò:" C'è una firma, è quella di Bartolomeo Passerotti. Era un importante pittore bolognese della metà del cinquecento, chissà cosa ci faceva da queste parti e chissà quale mistero è racchiuso in questo dipinto? Forse è in questi volti femminili e in questa descrittiva scena il segreto di Triora. Delle donne avevano scoperto un nuovo seme alternativo al grano ma, poichè l'economia del paese era basata su questo cereale, nessuno doveva saperlo e così per liberarsene le accusarono di stregoneria inventandosi una carestia mai avvenuta." "Certo, hai ragione deve essere andata proprio così", rispose il ragazzo appoggiando la sua teoria,"ci siamo allora, abbiamo risolto parte dell'enigma. Ma dimmi secondo te quel seme che mai sarà?" Si avvicinarono insieme al singolare dipinto ambientato nel forno di un paese con donne negli abiti dell'epoca e tra tonde pagnotte e farine videro che quel seme, pronto per la macina, assomigliava a quello che avevano perso e che Isotta ora custodiva gelosamente. Stavano per immaginare che presto il mistero gli sarebbe stato svelato quando una voce li fece sobbalzare. "Chiamatela, dite che sono con voi". "Ma questa è la voce di William", disse Brando felice di riaverlo accanto. "Sono qui ragazzi, Isotta ha fatto uno dei suoi sortilegi e solo per stanotte, in barba al mago, sono tornato ad essere quello che ero anche se Peirina non mi deve ancora vedere". Viane e Brando salirono per una scala traballante e giunti in cima alla torre provarono ad urlare il nome di Peirina ma nulla e nessuno si sentiva e si vedeva. "Pronunciate questi versi ", li esortò ancora William con il cuore a mille mentre se ne stava nascosto dietro una colonna , "Chiamami amore e sarà il mio nuovo battesimo: ecco, non mi chiamo più Romeo". Li pronunciò Brando con tutta la tenerezza che possedeva. Seguì un silenzio senza fine poi da dietro un alto muro vacillante giunse una bellissima voce che, prima in italiano e poi in inglese, rispose :" Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri? What  man art thou that thus bescreen'd in night
So stumblest on my counsel?". (continua)                                                                                                                                                                                   .