domenica 23 novembre 2014

Il posto delle streghe

                                           La montagna misteriosa , acquarello di M. Spada

Mentre tutti si domandavano ancora dove potesse essere finita Viane percorrendo la pista del rapimento, supposta da Piero, lei e Brando entravano in un'altra dimensione come se forze magiche si fossero  impossessate dei loro destini dando appuntamento in luoghi oscuri ed erbosi nei quali alla notte, sotto lo sguardo indiscreto della luna, si compivano sortilegi di ogni genere. "Chi ha parlato?", chiese Brando alterato dopo che quella voce, che sembrava giungere dagli inferi, aveva dato appuntamento a lui e Viane in una località  ancora indefinita. "Chi ha parlato?", ripetè scrutando le pieghe del volto di Viane che incredula si guardava intorno tenendo occhi e orecchie tese come se, di lì a un tratto, quella voce proseguisse dando altre indicazioni. "Dimmi dove ci troviamo Brando,dimmelo!", ricominciò a chiedere Viane rivolgendosi al ragazzo, quasi che l'identificazione di quel sito avesse potuto darle la chiave per scoprire il senso di quell'appuntamento: " Non intendo rivelartelo", ribadì sempre più impaurito Brando , " se te lo svelo ti ho già spiegato che mi ammazzano. Posso solamente dirti ciò che so fin da bambino:  i noci sono gli alberi prediletti dalle streghe ". Fu allora che in un guazzabuglio di steli striscianti sul terreno Viane, su un masso ricoperto di tenero muschio, vide  brillare una data :1587. Le sue mani a quel punto iniziarono a ripulire il masso e più sotto comparvero disegni di croci, teschi, ruscelli, falò e un cervo maestoso dagli occhi così profondi da assomigliare a quelli di una persona . "Vieni a vedere cosa c'è qui!" Urlò Viane, "dimmi, ti dice qualcosa questa data?". "Non so,forse, ma..". Brando sapeva molto più di qualcosa intorno a quell'anno scolpito sulla pietra scoperta, quasi per magia, da Viane. La madre gliene aveva parlato quando, ancora fanciullo, voleva addentrarsi tra quei monti con l'intento di dissuaderlo, tuttavia preferì tacere e non rivelare a Viane i misteri che aleggiavano in quella valle tenebrosa dove a lui, in un sentimento quasi d'esilio, si era rivelata la poesia.
Intanto a Grimaldi Piero, dopo il lungo rivoltarsi della notte, si era svegliato ricordando di aver fatto arruffati sogni  ma in particolare ne rammentava uno intriso di quella magia che fa confondere e che a volte si spera diventi realtà. Si trovava con la moglie in un bosco nei pressi  di un laghetto con alberi centenari nei cui tronchi abitavano spiritosi folletti, bellissime ninfe,timide fatine. Parlavano a turno raccontando le loro lunghe vite impresse nei cerchi della corteccia e delle crudeltà a cui avevano assistito finchè uno di essi, un noce dalle fronde possenti,  muovendo le sue foglie come in una danza diede il via a una profezia : "Venti donne salveranno Viane e una, nota per una grave ingiustizia subita all'epoca dell'Inquisizione,  le consegnerà il seme miracoloso che nutrirà il mondo e che un giorno pianterete insieme. Tu tornerai a camminare e se lo vorrai potrai anche volare." Piero si svegliò proprio in quell'istante in cui gli era parso veramente  di volare. Le sue gambe sembravano divenute leggere come ali e in un cielo limpido e sereno, spinto dalla forza magica delle venti donne, si innalzava tenendo per mano la sua amata, così bella, così sua come mai lo era stata. Volavano, volavano, volavano creando cerchi  intorno a soffici nuvole bianche mentre il sole li guardava sorridendo.Sotto di loro, in un campo di frumento e di papaveri,  una folla di giovani e bambini li applaudiva e li ringraziava. "Fosse  tutto vero", esclamò Piero tra sè e sè  mettendo insieme solo per un attimo tutto il bello racchiuso nel suo sogno, visto che ormai ne faceva solo di severi o che venivano a rinfacciargli le amarezze delle sue condizioni, ma un campanello lo riportò alla vita reale. "Signor Piero di là c'è la polizia", lo avvertì Mariarosa dopo aver bussato con insistenza alla porta della sua camera, " vogliono parlare con lei, pare abbiano trovato qualche indizio circa quel Greco. Accidenti quel furbo è forse già in Francia". Passò qualche istante, il tempo di rimettersi sulla carrozzella e di risentire il peso di quelle gambe inutili, e Piero sbucò nel suo salotto trafelato e ancora confuso da quella strana nottata. "E allora, cosa avete scoperto", azzardò a domandare incuriosito e allo stesso tempo preoccupato ai due poliziotti che stavano in piedi come due pali fissandolo con sguardo pensieroso, intriso di pietà e di sospetti. " Greco è scomparso, non si trova da nessuna parte", lo informò quello che tra i due sembrava avere più autorità. Poi, poichè il collega a suo fianco indugiava tra i quadri del soggiorno, proseguì: "Però abbiamo saputo che ha un giro di ragazzi che lui assolda per coprirlo nei suoi sporchi affari. Indaghiamo quindi su di loro e chissà che non si venga a capo di questo intrigo". Intanto che l'indagine pareva giunta a una svolta decisiva nella valle misteriosa Viane e Brando si apprestavano a consumare il pasto, consegnato da un ragazzotto della banda che in un attimo si era dileguato. "Mangiamo insieme e togliti il cappuccio!" Propose Viane fissando il giovane che stava uscendo dal casale per nascondersi in un angolo. "No", rispose secco  lui, "altrimenti quando sarai libera riconoscendomi mi denuncerai". Fu un attimo e Viane con destrezza afferrò quel cappuccio che gli nascondeva il volto e glielo sfilò. Aveva i capelli rossi come i suoi e un viso talmente dolce e buono da far pensare che forse in quella banda di spostati ci fosse proprio finito per caso. Per pochi istanti i due guardandosi nel fondo degli occhi limpidi ebbero la sensazione quasi di conoscersi. Chissà dove? Quando? Ma sì è lei. Ma sì è lui. No, è solo una sensazione. No è impossibile. Tutto questo parevano chiedersi reciprocamente in quel lampo in cui nei loro occhi sembravano incrociarsi le loro vite ma poi, poichè il ragazzo si mostrava adombrato per quell'atto subito da Viane, lei cercò di rabbonirlo invitandolo a sedersi per terra in un letto di foglie di granoturco."Dai mangiamo insieme", ripetè  passandogli benevolmente le mani tra i capelli e addentando un pezzo di pane percepì il profumo di una farina antica. "E' un pane di qui ", le spiegò Brando smettendo di fare il muso lungo, " ma non posso dirti altro altrimenti capiresti troppe cose". La giornata passò in fretta con entrambi in uno stato di strana aspettativa per via di quella notte che li attendeva e che li avrebbe visti in giro per il bosco dove forse  sarebbe stato loro rivelato chissà quale segreto. La curiosità era talmente grande da far scordare la paura che a turno li assaliva. Intanto Brando, con in mano una bussola e nell'altra un vecchia mappa, studiava percorsi puntando il dito su luoghi proibiti dai quali era meglio stare alla larga. Ad un tratto sussultò puntando l'indice su un rio che si immetteva in un pericoloso torrente, definito da alcuni un crocevia di potenti energie sviluppate dalle presenze di corsi d'acqua."Cosa hai trovato?", le domandò Viane osservando quel dito fermo sulla vecchia cartina fisica dove si intrecciavano fiumi, montagne e laghi dal nome misterioso. " Qui si trova il monte delle Forche", rispose lui, "ma non aver paura perchè lassù noi non ci andremo mai".  A mezzanotte in punto però successe un fatto incredibile: davanti alla porta del vecchio essicatoio si presentò un cervo che in tutto per tutto ricordava quello disegnato sul masso scovato da Viane. Li guardava con occhi languidi quasi ad attendere che lo seguissero lungo quella strada che conduceva al monte delle Forche. "Parla", disse con lo stupore di una bambina Viane accennando un piccolo riso incantato. "Ma cosa vai dicendo", ribadì quasi seccato Brando. "Ti ho detto che parla e mi ha chiesto di seguirlo". "Non ci vorrà condurre a Lagodegnu? Io là non ci vado , ho paura è un luogo di streghe cattive, fanno sortilegi terribili si racconta che ammazzino anche i bambini ". E invece ci andarono, e anche in fretta, perchè, non si sa come, ma quel cervo guidandoli per borghi, carrugi e case diroccate li condusse proprio in quel posto. Sotto un possente noce venti donne vestite di nero gettavano sassolini all'interno di un cerchio e subito dopo lanciavano dodici conchiglie in una ciotola colma di sabbia. Parlavano tra loro un idioma antico ,quasi incomprensibile e tra le mani reggevano un libro di sorte. Una cantava un inno di liberazione e vedendo apparire il lato chiaro dei quattro gusci delle conchiglie appena gettate nella sabbia capì che Viane e Brando erano i loro prescelti. "Vi aspettavamo", disse la più bella, "le quattro conchiglie hanno detto sì. Ora non abbiamo più dubbi, sarete voi a togliere il fango dalla nostra memoria. Mi chiamo Isotta Stella e molti, molti anni fa ho subito una grande ingiustizia che mi spinse al suicidio. Voi riscatterete me e le altre diciannove donne rinchiuse ingiustamente in case dell'orrore. Vi consegnamo i nostri poteri a patto che ne facciate buon uso, primo fra questi sarà ripristinare un antico seme che noi vi consegneremo. Ora andate, ma ci rivedremo presto". Poi, rivolgendosi al ragazzo e attizzando un braciere dove ardeva legno d'alloro, la più giovane aggiunse: "Tu un giorno diverrai un poeta ma stai attento a non fare un passo falso. Vedo una nube sul tuo cammino ma, se ti piegherai ai nostri voleri, si dissiperà". Ci fu un urlo, poi un alternarsi di voli d'uccelli orripilanti, di tigri impazzite che si avventavano su giudici baffuti, prelati panciuti e signorotti di campagna in costume antico, a turno uscivano imprecando da una fossa scavata al centro del conciliabolo ed erano gli stessi apparsi nel sogno di Viane. Infine si alzò un vento così forte da scompigliare tutta la montagna e Viane e Brando correndo a più non posso si ritrovarono nuovamente nel vecchio essicatoio di castagne. (continua)                                                                                                                          


domenica 16 novembre 2014

Viane e i misteri della montagna

                                              Vicolo, acqarello su carta di M. Spada

Quella mattina per Viane il risveglio fu strano e fu strano anche per Brando. Gli sembrava aver sognato di essere stato condotto, attraverso un sentiero stretto e sinuoso, in un luogo montuoso dove vivevano  donne dalla fama misteriosa che, in una lingua di difficile collocazione, parlavano a turno di fatti e misfatti accaduti in tempi lontani. Lì, in questa specie di Sabba, stavano preparando un incantesimo. Discorrevano danzando e tenendosi per mano, vaticinando, ora con fanfaluche, ora con frasi senza senso,  orrori, cataclismi e anche una vendetta  Avevano tutte la testa rasata, il volto imbrattato di fuliggine, i piedi scalzi e il corpo segnato da profonde bruciature. Le loro voci a volte erano nitide e delicate come quelle delle fate, altre sprezzanti e dure, quasi di rimprovero, come se al loro posto parlasse il diavolo o quel famiglio che si portavano sempre appresso. A un certo punto accaddero diverse cose tutte insieme e da un vecchio calderone, con il fuoco dentro, si videro uscire zanpilli di acqua nera, pezzi di carbone, petardi simili alla lava, gatti neri, topi, uccelli notturni, grottesche creature. All'improvviso, da una nuvola bianca, si materializzarono prelati,giudici, uomini di potere, imbroglioni e una folla di altri signorotti di campagna che, dopo aver imprecato e chiesto pietà, venivano affidati alla  strega dai poteri più potenti che, con il solo sguardo, li trascinava in una roccaforte infestata da mostri e animali abominevoli per poi abbandonarli al loro straziante destino. "Che paura stanotte", confidò ingenuamente Brando a Viane mentre usciva dal suo giaciglio tutto scombinato per via di quella notte di terrore che voleva a tutti i costi raccontare giusto per capire se il suo sogno non fosse invece realtà. "Che paura, anch'io ", non esitò a ripetere Viane. "Vuoi vedere che abbiamo avuto gli stessi incubi?" Prese a precisare guardandosi intorno per capire dove si trovasse e se quel che aveva sognato durante quella sua prima nottata da sequestrata fosse frutto di qualche allucinogeno somministratole per farla addormentare. "Delle donne mi sputavano in faccia e mi dicevano di liberarti ", riprese a raccontare Brando ricordandosi di essersi addormentato quella sera con in mano il Macbeth di Shakespeare. "Forse mi sono fatto influenzare dalle mie letture serali", sottolineò cercando di camuffare l'appena dichiarata inquietudine.  Sai a volte i sogni sembrano rapirci. Quello che ho appena fatto pareva realtà anche se ciò che accadeva era quasi inverosimile. Il bosco dove mi trovavo era oscuro e tenebroso come questo che sta qui intorno. Ogni tanto si udivano gli stessi odori inebrianti che dopo il tramonto si elevano da queste valli, gli stessi rovi, le stesse erbacce, gli stessi calpestii, lo stesso svolazzare di uccelli inquietanti. Ah, chissà se qui in giro esistono ancora maghi e streghe! A volte penso che mi piacerebbe fare parte di una setta magica e scoprire se veramente sono figlio di quella che dice di essere mia madre, siamo così diversi". " Questo non sarà un luogo stregato?", insinuò Viane guardando il ragazzo che , grazie a quel sogno,era diventato ormai più complice che nemico. " Quelle donne  che io ho sognato però avevano anche l'aspetto delle fate. Mi spiegavano, con voce convulsa, che con i loro poteri potevano far grandinare o nevicare ma che avevano la facoltà anche di salvare il mondo dalla fame. Il seme che mi volevano consegnare sarebbe servito per sfamarlo. Ora, ti prego, dimmi dove ci troviamo?"Ricominciò a chiedergli sperando di avergli insinuato la paura di essere in un posto infestato dove si fanno incanti e legature. "Non posso dirtelo, non mi è concesso dal mio capo", ripetè il ragazzo con tono irremovibile. Poi mentre da fuori si udì come una diabolica risata il catenaccio della porta iniziò a vibrare, poi a scricchiolare e intorno si sparse  un odore di fuoco e di erbe medicamentose. Fu un attimo e intanto che Brando guardava esterefatto verso quel portoncino fatto con assi di montagna  quello si aprì. Per un po' entrambi rimasero in silenzio, ora in quel vecchio casolare le loro vite parevano governate da un sortilegio. " La faccio uscire, la faccio uscire! ", urlò il ragazzo spaventato fissando Viane perplessa ma anche incuriosita. A quel punto, non fosse stato per quei soldi promessi e ancora da riscuotere, lui se la sarebbe data a gambe filate fuggendo il più lontano possibile da lì. "Non avere paura, non scappo, voglio solo capire cosa ci sta succedendo."Lo rassicurò Viane . Uscirono insieme, mano nella mano, il vento li avvolgeva trascinando con sè tutto il profumo di quel mondo di elfi e folletti che sembrava stare lì attorno. A Viane non pareva vero di respirare quell'aria soffice che, come una sinfonia, si elevava grandiosa quasi a voler presagire che le forze oscure stavano per lasciare il posto a una nuova stagione di portenti. Con gli occhi ancora appannati dal buio della vecchia stanza in cui aveva trascorso la notte e parte del giorno lei, come una ninfa, si ritrovò in un bosco incantato. In una marmaglia di ortiche, di felci, d'avene selvatiche, d'amaranti e di gramiglie, pur non sapendo dove si trovasse,provò quel nuovo gusto per la vita che da tempo stava cercando. C'era confusione in quella marmaglia di piante, pari a quella che da tempo regnava dentro il suo animo, ma per ritrovare la pace bastava guardarsi intorno. La felicità era in quei ciuffetti di fiori bianchi portati via dal vento che le stavano davanti , tra quei pennacchioli argentei e soavi che si inchinavano alla brezza del mattino e ancora tra le campanelle candide e molli che spenzolavano dalla cima di un masso. Brando la osservava e in quella mescolanza di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori provò un senso di commozione. Una voce lontana sussurrò : " Questa notte venite da noi, vi attendiamo sotto i noci ". (continua)                                                                                                

domenica 9 novembre 2014

Il sogno di Viane

                                        Sopra il monte. Acquarello su carta di M. Spada

Che fosse un rapimento questo era quasi chiaro ma chi l'avesse rapita e perchè questo era ancora da scoprire e da accertare, nonostante qualche idea Piero ce l'avesse. Quel giorno, dopo la denuncia,   fu preso da quella tipica tortura psicologica che assale chi, inspiegabilmente, vede sparire nel nulla la persona che poco prima gli era stata al fianco. Anche le amiche di Viane, informate della sua scomparsa, si sentirono sopraffare da dubbi e domande di vario genere. Furono molte le congetture di Emma, Francesca e Sofia ma, alla fine delle loro lunghe conversazioni telefoniche, nessuna di loro riusciva ad arrivare a un dunque se non all'idea maliziosa che Viane potesse essere magari già fuggita da una storia sentimentale che ai loro occhi appariva strana. Dopo il suo favoloso matrimonio la loro amica era comunque cambiata e questo le spiazzava portandole ad immaginare che forse, dietro quella misteriosa sparizione, ci fosse molto di più di un semplice ripensamento coniugale. Viane non condivideva più con loro quel meraviglioso mondo dei consumi, disprezzava la città e in certe battute anche il suo ruolo di medico a servizio di chi vuole cancellare i segni lasciati dal tempo. La sentivano improvvisamente lontana, non più complice, quasi che in lei si stesse per compiere una specie di seria rivoluzione spirituale. Nonostante ciò per quell'amica di vecchia data nutrivano un grande affetto e quindi si organizzarono per dare almeno sostegno morale a Piero. Sofia ,che ancora era a Latte e conosceva bene quei luoghi, si diede immediatamente da fare perlustrando insieme ad Ale alcuni siti deserti della val Nervia nella speranza che si trovasse lì . Battereno fino a sera tutta quella zona accompagnati anche dalla polizia  ma nulla, di Viane non c'era traccia, e di ritorno a Grimaldi cercarono di consolare Piero rassicurandolo che loro non l'avrebbero abbandonato. Si avvicinava nuovamente la sera e poi sarebbe giunta la notte, la seconda senza Viane per Piero che, con i suoi grandi occhi azzurri interrogatori, continuava a guardare oltre il cancello della villa sperando di vedere riapparire la moglie. Stava per cominciare un forte temporale, il vento pareva insistesse strappando le foglie degli aranci amari, delle rose antiche, l'erba e le cime degli alberi, poi un fulmine, il rombo di un tuono e la sensazione che in questo frangente la sua adorata consorte fosse in grave pericolo o addirittura fosse già morta. In cosiffatte meditazioni il tempo passò lento mentre la notte si faceva sempre più buia e solitaria, con il cellulare che non dava alcun segnale e neanche quel breve squillo a vuoto che i rapitori fanno per intimorire chi è in attesa di notizie.
Non molto lontano intanto Viane, pur trovandosi in balia di una banda di sconosciuti, rivelava tutta la sua forza e il suo coraggio ben sapendo che Piero non l'avrebbe abbandonata. Con indosso una camicetta ormai sgualcita, un paio di larghi pantaloni orientali e una vecchia coperta di lana grezza allungata dal ragazzo Viane si preparava alla sua prima notte da sequestrata in compagnia di quell'uomo bambino di cui sentiva  la voce e vedeva solo gli occhi. Non sapeva ancora dove si trovasse ma sempre di più percepiva che in quel luogo c'era una potente energia e che quel piccolo uomo messo lì di guardia era più indifeso di lei ed era pieno di rabbia. " Perchè non mi vuoi rivelare chi mi ha rapito?" Gli gettò lì come domanda perentoria. "Non posso dirtelo", rispose lui torcendo le pupille scontrose e prepotenti, "perchè non lo so neppure io, a me danno solo i soldi." "Dimmi allora dove ci troviamo", insistette lei mentre lui, sempre incappucciato cambiando tono della voce aveva preso un'aria sicura, quasi da sbirro. "Non posso assolutamente rivelartelo altrimenti faccio una brutta fine." Fuori c'era una bella luna e la sua luce penetrava potente ma irrequieta da una finestrella dell'essicatoio. A volte si udiva il trotto di un cane, altre il canto dei grilli, altre ancora il passo affamato di un cinghiale o forse di una volpe. "Come ti chiami?" Chiese ancora Viane al ragazzo che vedendola tremare le aveva porto anche la sua coperta. " Brando, mi chiamo Brando," ripetè lui  quasi orgoglioso di quel nome importante, "ma per tutti", aggiunse con tono spavaldo, " sono la Volpe, perchè ritengono che sono furbo". "E lo sei veramente?" Chiese lei. "Forse, ma adesso taci, voglio leggere, almeno qui posso farlo senza che qualcuno, come mia madre, mi rinfacci che sono un perditempo e speriamo che tuo marito faccia in fretta quello che gli dicono perchè io voglio i miei soldi e poi si vedrà. Forse me ne vado a vivere in Corsica, voglio cambiare vita e magari fare il poeta, lontano da qui dove nessuno può sapere chi sono". Anche Viane voleva cambiare vita e quella notte, trascorsa quasi in bianco in uno strano dormiveglia, si rivelò densa d'illuminazioni. Qualcuno intorno a lei sembrava le parlasse, le suggerisse qualcosa e la riportasse indietro nel tempo. Per qualche ora si addormentò di un sonno profondo e in quella notte di luna piena fece un sogno che avrebbe segnato per sempre il suo destino. Si trovava in un paese inerpicato sopra un monte pieno di vicoli e di stradine buie, in un tempo lontano, all'epoca dell'Inquisizione. Era seduta sotto un grande albero di castagno in cerchio con altre cinque donne, tutte bellissime, una era la figlia di un conte, un'altra una prostituta, le altre tre giovanissime erano delle contadine, ognuna teneva in mano un seme raro. Una di queste, a un certo punto, dopo averle detto che con quel seme avrebbe nutrito il mondo, glielo consegnò dicendole:"Tu sei la nostra memoria e sei venuta qui per riscattarci. Vieni da noi ti aspettiamo nel vicolo Della Perdizione."   (Continua)