domenica 1 febbraio 2015

I misteri del castello

                                      Papillon, acquerello su carta di Maurizio Spada

La grande farfalla monarca, fiera nella sua livrea arancione, ingigantita per volere di Isotta, danzava nel cielo come una leggiadra ballerina accompagnata  da un molto allegro quartetto d'archi in sol maggiore. Ruotava e modificava il volo d'attacco, in cui l'ala entra nell'aria, quasi con trasgressione,  disegnando figure fantastiche. "Guarda Viane quello è un elfo", urlava sbalordito Brando girandosi indietro, "oh, adesso c'è un cavallo alato, ora una sirena". Anche Viane si perdeva tra quei soavi miraggi aerei creati dall'artistica farfallina facendosi, di volta in volta, avvolgere da un impeto di gioia e da una muta beatitudine. Tutti e due vedevano quello che un tempo non avrebbero mai potuto scorgere se non in un sogno . L'aria aromatica che giungeva dal mare li travolgeva. Era là, il mare a strisce turchine e verde bottiglia, era lì il suo fondo graziosamente ondulato e l'aria sembrava essere solo mossa da quel lieve e grandioso sussurro che diceva parole di bontà. "Come ti chiami?", domandò Viane alla magica farfalla mentre lei seguendo una  sua immaginaria musica ne abbandonava il velo di mistero fino a farsi trascinare nella lentezza di un andante. "Sybilla", rispose , "e vengo da molto lontano. Per fortuna sono una grande viaggiatrice e con  le mie numerose tecniche di volo  sono capace di compiere anche più di duemila chilometri". "Dunque non sei di qui?", chiese con curiosità Viane. "No,  ma..".Sybilla si schiarì la vocina flebile e atterrando su un campo di soffice camomilla  iniziò a narrare la sua storia personale. " Statemi a sentire", disse scrollando prima un'ala e poi l'altra  per far  scendere dalla sua livrea  Viane e  Brando, " Beh, ormai vi è chiaro, qui a Triora le donne non erano ben viste nei secoli passati e quando ci sono capitata nel 1690  sono divenuta anch'io vittima di una magia." "Nel 1690?", esclamarono stupiti i suoi interlocutori. "Che ci facevi qui in quella data? Ma chi sei in verità?, aggiunse Viane sempre più confusa. Sybilla  sospirò per qualche istante quindi parlò: "Io sono un' entomologa ma sono  nota soprattutto per le mie doti di pittrice naturalista, in particolare mi sono dedicata allo studio delle farfalle tropicali dipingendole su delle tavole che ancora oggi fanno il giro del mondo insieme a quelle dove compaiono iguane,serpenti, ragni , ananas, manioche e papaie . Le mie origini sono tedesche ma ho vissuto anche nell'America del Sud e precisamente nella Guyana, oggi Suriname. Lì, in quella colonia olandese abitata da indigeni amerindi, ho fatto l'esploratrice, scoprendo tutta una specie di animali e vegetali del tutto sconosciute in Europa". "Vieni al dunque", la esortò Brando con la sua solita impazienza, "che centra tutto questo con Triora e con quello che sei adesso? Com'è che conosci Isotta, Peirina e forse anche William, il nostro amico cervo?". "Ah miei cari, vorrei svelarvi tante cose ma per ora non posso e chi sono veramente lo scoprirete strada facendo. Io venni qui per caso circa un secolo dopo la data del processo dell'Inquisizione. All'epoca ero diretta in Olanda , il mio matrimonio era andato a rotoli, volevo ritirarmi in un castello dove già viveva una comunità di ricercatori protestanti per compiere alcuni studi sulle farfalle tropicali ma, per motivi  che non posso rivelarvi,  mi ritrovai a Triora. Ero una donna molto curiosa e determinata e un amico inglese, beh un po' di più di un amico, anch'esso grande naturalista e già residente a Ventimiglia, mi aveva indotta a spingermi fin qui  poichè, a suo avviso, in questa valle vi erano delle piante e degli insetti ancora sconosciuti. Volevo dipingerli, studiarli, selezionarli  e riportarli nell'opera che più avanti, quando andai nella Guyana, avrei portato a termine . Giunsi in questo borgo con tanti sogni e tante speranze, figuratevi che la mia passione erano i bruchi ed io li andavo a scovare ovunque specialmente sotto i massi. Un giorno però anch'io mi imbattei nel terribile mago a voi noto. Avevo quasi sollevato la pietra che ben conoscete, quella con l'impronta del cervo. Stavo per leggere la data che vi era impressa, il discusso anno 1587, quando una voce mi esortò a fermarmi. Non sapevo che in quel modo avrei liberato Isotta Stella, cosa che quel mago osteggiava. Lui mi apparve nelle vesti di una vespa e pungendomi mi allontanò dal masso. Passò qualche istante, in cui rimasi stordita per il dolore,e mi risvegliai nelle vesti di una farfalla monarca mentre una voce mi intimava di andarmene e di non mettere mai più piede a Triora poichè, ogni qual volta l'avessi fatto, sarei stata tramutata in farfalla, l'insetto di satana come si diceva in quell'era piena di superstizioni popolari e di ignoranza in materia naturalistica . La cosa non mi dispiaceva anzi quella mia metamorfosi, seppur passeggera, poteva servirmi per il trattato che stavo scrivendo ma delle donne, radunate sotto un albero di noci, me lo sconsigliarono. C'erano anche Isotta e Peirina, mi raccontarono la loro triste storia e poi mi dissero di andarmene poichè io all'epoca dovevo restare chi in realtà ero. Si commossero per le mie imprese, a loro modo erano delle naturaliste, così  con quella complicità tutta femminile vollero sacrificarsi  a mio favore . Sono passati diversi secoli da quel giorno  e per fortuna ora ,col vostro aiuto, sarà fatta giustizia. Io riposavo nel cimitero di Amsterdam ma Isotta , coi suoi nuovi poteri da fatina,  mi ha ridestata portandomi nuovamente qui per darvi una mano ." La storia mise un po' di ansia sia a Viane sia a Brando timorosi di non farcela a uscire indenni da questa avventura dove forse a loro volta potevano diventare vittime di quel magaccio senza scrupoli ed essere trasformati in chissà quale animale. "Mamma mia", pronunciò Viane guardando negli occhi prima Sybilla e poi Brando, "che storia senza fine è questa, mi si sta gelando il cuore " Salirono nuovamente sulla livrea della farfalla e aggrappandosi alle sue stupende ali macchiate di bianco tra volteggi di ogni genere giunsero al castello di Triora. Ormai era sera e tutto intorno sembrava tingersi di paura e di sospetto. Sybilla li aveva appena lasciati ricordando ai suoi amici prudenza e circospezione. Erano soli e Brando sentiva la mancanza del suo William anche se ,dentro di sè, sapeva che presto gli sarebbe apparso, lui era uno da colpi di scena. "Brando, Brando, che si fa adesso, non abbiamo neppure una torcia e qui è tutto buio e diroccato", disse Viane provando un senso di inadeguatezza a quella che pareva una vicenda sempre più pericolosa. "Fra poco ci sarà la luna ", rispose Brando e poi in terra ci sono disegnate delle frecce, non ci perderemo e prima o poi troveremo Peirina". Intanto ogni tanto si udiva il verso di una civetta, poi lo strisciare di qualche serpentello e dietro di lui la corsa di una colonia di gatti neri alla ricerca di cibo, oltre allo squittio di grossi topi che, qua e là, entravano e uscivano dai muri del castello. Sembrava di essere in un luogo lugubre e allo stesso tempo sacro ma soprattutto vietato. "Brando, guarda lì", lo richiamò Viane mentre lui con lo sguardo cercava il suo William da ogni parte."Su questa parete c'è un dipinto,  e raffigura delle donne nell'atto di macinare un chicco che non è grano. Aspetta un attimo , c'è la data. Oh, ancora !587".Viane per quache istante rimase impietrita, poi curiosa come sempre di ogni genere di pittura iniziò ad esaminare l'opera. L'accarezzò per stabilirne lo stato, la guardò da lontano e poi da vicino finchè, con l'entusiasmo di un intenditore,  esclamò:" C'è una firma, è quella di Bartolomeo Passerotti. Era un importante pittore bolognese della metà del cinquecento, chissà cosa ci faceva da queste parti e chissà quale mistero è racchiuso in questo dipinto? Forse è in questi volti femminili e in questa descrittiva scena il segreto di Triora. Delle donne avevano scoperto un nuovo seme alternativo al grano ma, poichè l'economia del paese era basata su questo cereale, nessuno doveva saperlo e così per liberarsene le accusarono di stregoneria inventandosi una carestia mai avvenuta." "Certo, hai ragione deve essere andata proprio così", rispose il ragazzo appoggiando la sua teoria,"ci siamo allora, abbiamo risolto parte dell'enigma. Ma dimmi secondo te quel seme che mai sarà?" Si avvicinarono insieme al singolare dipinto ambientato nel forno di un paese con donne negli abiti dell'epoca e tra tonde pagnotte e farine videro che quel seme, pronto per la macina, assomigliava a quello che avevano perso e che Isotta ora custodiva gelosamente. Stavano per immaginare che presto il mistero gli sarebbe stato svelato quando una voce li fece sobbalzare. "Chiamatela, dite che sono con voi". "Ma questa è la voce di William", disse Brando felice di riaverlo accanto. "Sono qui ragazzi, Isotta ha fatto uno dei suoi sortilegi e solo per stanotte, in barba al mago, sono tornato ad essere quello che ero anche se Peirina non mi deve ancora vedere". Viane e Brando salirono per una scala traballante e giunti in cima alla torre provarono ad urlare il nome di Peirina ma nulla e nessuno si sentiva e si vedeva. "Pronunciate questi versi ", li esortò ancora William con il cuore a mille mentre se ne stava nascosto dietro una colonna , "Chiamami amore e sarà il mio nuovo battesimo: ecco, non mi chiamo più Romeo". Li pronunciò Brando con tutta la tenerezza che possedeva. Seguì un silenzio senza fine poi da dietro un alto muro vacillante giunse una bellissima voce che, prima in italiano e poi in inglese, rispose :" Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri? What  man art thou that thus bescreen'd in night
So stumblest on my counsel?". (continua)                                                                                                                                                                                   .                                                

Nessun commento:

Posta un commento