Mentre tutti si domandavano ancora dove potesse essere finita Viane percorrendo la pista del rapimento, supposta da Piero, lei e Brando entravano in un'altra dimensione come se forze magiche si fossero impossessate dei loro destini dando appuntamento in luoghi oscuri ed erbosi nei quali alla notte, sotto lo sguardo indiscreto della luna, si compivano sortilegi di ogni genere. "Chi ha parlato?", chiese Brando alterato dopo che quella voce, che sembrava giungere dagli inferi, aveva dato appuntamento a lui e Viane in una località ancora indefinita. "Chi ha parlato?", ripetè scrutando le pieghe del volto di Viane che incredula si guardava intorno tenendo occhi e orecchie tese come se, di lì a un tratto, quella voce proseguisse dando altre indicazioni. "Dimmi dove ci troviamo Brando,dimmelo!", ricominciò a chiedere Viane rivolgendosi al ragazzo, quasi che l'identificazione di quel sito avesse potuto darle la chiave per scoprire il senso di quell'appuntamento: " Non intendo rivelartelo", ribadì sempre più impaurito Brando , " se te lo svelo ti ho già spiegato che mi ammazzano. Posso solamente dirti ciò che so fin da bambino: i noci sono gli alberi prediletti dalle streghe ". Fu allora che in un guazzabuglio di steli striscianti sul terreno Viane, su un masso ricoperto di tenero muschio, vide brillare una data :1587. Le sue mani a quel punto iniziarono a ripulire il masso e più sotto comparvero disegni di croci, teschi, ruscelli, falò e un cervo maestoso dagli occhi così profondi da assomigliare a quelli di una persona . "Vieni a vedere cosa c'è qui!" Urlò Viane, "dimmi, ti dice qualcosa questa data?". "Non so,forse, ma..". Brando sapeva molto più di qualcosa intorno a quell'anno scolpito sulla pietra scoperta, quasi per magia, da Viane. La madre gliene aveva parlato quando, ancora fanciullo, voleva addentrarsi tra quei monti con l'intento di dissuaderlo, tuttavia preferì tacere e non rivelare a Viane i misteri che aleggiavano in quella valle tenebrosa dove a lui, in un sentimento quasi d'esilio, si era rivelata la poesia.
Intanto a Grimaldi Piero, dopo il lungo rivoltarsi della notte, si era svegliato ricordando di aver fatto arruffati sogni ma in particolare ne rammentava uno intriso di quella magia che fa confondere e che a volte si spera diventi realtà. Si trovava con la moglie in un bosco nei pressi di un laghetto con alberi centenari nei cui tronchi abitavano spiritosi folletti, bellissime ninfe,timide fatine. Parlavano a turno raccontando le loro lunghe vite impresse nei cerchi della corteccia e delle crudeltà a cui avevano assistito finchè uno di essi, un noce dalle fronde possenti, muovendo le sue foglie come in una danza diede il via a una profezia : "Venti donne salveranno Viane e una, nota per una grave ingiustizia subita all'epoca dell'Inquisizione, le consegnerà il seme miracoloso che nutrirà il mondo e che un giorno pianterete insieme. Tu tornerai a camminare e se lo vorrai potrai anche volare." Piero si svegliò proprio in quell'istante in cui gli era parso veramente di volare. Le sue gambe sembravano divenute leggere come ali e in un cielo limpido e sereno, spinto dalla forza magica delle venti donne, si innalzava tenendo per mano la sua amata, così bella, così sua come mai lo era stata. Volavano, volavano, volavano creando cerchi intorno a soffici nuvole bianche mentre il sole li guardava sorridendo.Sotto di loro, in un campo di frumento e di papaveri, una folla di giovani e bambini li applaudiva e li ringraziava. "Fosse tutto vero", esclamò Piero tra sè e sè mettendo insieme solo per un attimo tutto il bello racchiuso nel suo sogno, visto che ormai ne faceva solo di severi o che venivano a rinfacciargli le amarezze delle sue condizioni, ma un campanello lo riportò alla vita reale. "Signor Piero di là c'è la polizia", lo avvertì Mariarosa dopo aver bussato con insistenza alla porta della sua camera, " vogliono parlare con lei, pare abbiano trovato qualche indizio circa quel Greco. Accidenti quel furbo è forse già in Francia". Passò qualche istante, il tempo di rimettersi sulla carrozzella e di risentire il peso di quelle gambe inutili, e Piero sbucò nel suo salotto trafelato e ancora confuso da quella strana nottata. "E allora, cosa avete scoperto", azzardò a domandare incuriosito e allo stesso tempo preoccupato ai due poliziotti che stavano in piedi come due pali fissandolo con sguardo pensieroso, intriso di pietà e di sospetti. " Greco è scomparso, non si trova da nessuna parte", lo informò quello che tra i due sembrava avere più autorità. Poi, poichè il collega a suo fianco indugiava tra i quadri del soggiorno, proseguì: "Però abbiamo saputo che ha un giro di ragazzi che lui assolda per coprirlo nei suoi sporchi affari. Indaghiamo quindi su di loro e chissà che non si venga a capo di questo intrigo". Intanto che l'indagine pareva giunta a una svolta decisiva nella valle misteriosa Viane e Brando si apprestavano a consumare il pasto, consegnato da un ragazzotto della banda che in un attimo si era dileguato. "Mangiamo insieme e togliti il cappuccio!" Propose Viane fissando il giovane che stava uscendo dal casale per nascondersi in un angolo. "No", rispose secco lui, "altrimenti quando sarai libera riconoscendomi mi denuncerai". Fu un attimo e Viane con destrezza afferrò quel cappuccio che gli nascondeva il volto e glielo sfilò. Aveva i capelli rossi come i suoi e un viso talmente dolce e buono da far pensare che forse in quella banda di spostati ci fosse proprio finito per caso. Per pochi istanti i due guardandosi nel fondo degli occhi limpidi ebbero la sensazione quasi di conoscersi. Chissà dove? Quando? Ma sì è lei. Ma sì è lui. No, è solo una sensazione. No è impossibile. Tutto questo parevano chiedersi reciprocamente in quel lampo in cui nei loro occhi sembravano incrociarsi le loro vite ma poi, poichè il ragazzo si mostrava adombrato per quell'atto subito da Viane, lei cercò di rabbonirlo invitandolo a sedersi per terra in un letto di foglie di granoturco."Dai mangiamo insieme", ripetè passandogli benevolmente le mani tra i capelli e addentando un pezzo di pane percepì il profumo di una farina antica. "E' un pane di qui ", le spiegò Brando smettendo di fare il muso lungo, " ma non posso dirti altro altrimenti capiresti troppe cose". La giornata passò in fretta con entrambi in uno stato di strana aspettativa per via di quella notte che li attendeva e che li avrebbe visti in giro per il bosco dove forse sarebbe stato loro rivelato chissà quale segreto. La curiosità era talmente grande da far scordare la paura che a turno li assaliva. Intanto Brando, con in mano una bussola e nell'altra un vecchia mappa, studiava percorsi puntando il dito su luoghi proibiti dai quali era meglio stare alla larga. Ad un tratto sussultò puntando l'indice su un rio che si immetteva in un pericoloso torrente, definito da alcuni un crocevia di potenti energie sviluppate dalle presenze di corsi d'acqua."Cosa hai trovato?", le domandò Viane osservando quel dito fermo sulla vecchia cartina fisica dove si intrecciavano fiumi, montagne e laghi dal nome misterioso. " Qui si trova il monte delle Forche", rispose lui, "ma non aver paura perchè lassù noi non ci andremo mai". A mezzanotte in punto però successe un fatto incredibile: davanti alla porta del vecchio essicatoio si presentò un cervo che in tutto per tutto ricordava quello disegnato sul masso scovato da Viane. Li guardava con occhi languidi quasi ad attendere che lo seguissero lungo quella strada che conduceva al monte delle Forche. "Parla", disse con lo stupore di una bambina Viane accennando un piccolo riso incantato. "Ma cosa vai dicendo", ribadì quasi seccato Brando. "Ti ho detto che parla e mi ha chiesto di seguirlo". "Non ci vorrà condurre a Lagodegnu? Io là non ci vado , ho paura è un luogo di streghe cattive, fanno sortilegi terribili si racconta che ammazzino anche i bambini ". E invece ci andarono, e anche in fretta, perchè, non si sa come, ma quel cervo guidandoli per borghi, carrugi e case diroccate li condusse proprio in quel posto. Sotto un possente noce venti donne vestite di nero gettavano sassolini all'interno di un cerchio e subito dopo lanciavano dodici conchiglie in una ciotola colma di sabbia. Parlavano tra loro un idioma antico ,quasi incomprensibile e tra le mani reggevano un libro di sorte. Una cantava un inno di liberazione e vedendo apparire il lato chiaro dei quattro gusci delle conchiglie appena gettate nella sabbia capì che Viane e Brando erano i loro prescelti. "Vi aspettavamo", disse la più bella, "le quattro conchiglie hanno detto sì. Ora non abbiamo più dubbi, sarete voi a togliere il fango dalla nostra memoria. Mi chiamo Isotta Stella e molti, molti anni fa ho subito una grande ingiustizia che mi spinse al suicidio. Voi riscatterete me e le altre diciannove donne rinchiuse ingiustamente in case dell'orrore. Vi consegnamo i nostri poteri a patto che ne facciate buon uso, primo fra questi sarà ripristinare un antico seme che noi vi consegneremo. Ora andate, ma ci rivedremo presto". Poi, rivolgendosi al ragazzo e attizzando un braciere dove ardeva legno d'alloro, la più giovane aggiunse: "Tu un giorno diverrai un poeta ma stai attento a non fare un passo falso. Vedo una nube sul tuo cammino ma, se ti piegherai ai nostri voleri, si dissiperà". Ci fu un urlo, poi un alternarsi di voli d'uccelli orripilanti, di tigri impazzite che si avventavano su giudici baffuti, prelati panciuti e signorotti di campagna in costume antico, a turno uscivano imprecando da una fossa scavata al centro del conciliabolo ed erano gli stessi apparsi nel sogno di Viane. Infine si alzò un vento così forte da scompigliare tutta la montagna e Viane e Brando correndo a più non posso si ritrovarono nuovamente nel vecchio essicatoio di castagne. (continua)
Il tuo racconto è molto interessante. Sai descrivere la natura dei luoghi, le emozioni e i sentimenti. Sai portare il lettore nel mondo dei personggi che risultano molto reali. Hai la stoffa della grande scrittrice anche nella descrizione dei particolari. Coraggio speriamo che ti seguano in molti.
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