domenica 9 novembre 2014

Il sogno di Viane

                                        Sopra il monte. Acquarello su carta di M. Spada

Che fosse un rapimento questo era quasi chiaro ma chi l'avesse rapita e perchè questo era ancora da scoprire e da accertare, nonostante qualche idea Piero ce l'avesse. Quel giorno, dopo la denuncia,   fu preso da quella tipica tortura psicologica che assale chi, inspiegabilmente, vede sparire nel nulla la persona che poco prima gli era stata al fianco. Anche le amiche di Viane, informate della sua scomparsa, si sentirono sopraffare da dubbi e domande di vario genere. Furono molte le congetture di Emma, Francesca e Sofia ma, alla fine delle loro lunghe conversazioni telefoniche, nessuna di loro riusciva ad arrivare a un dunque se non all'idea maliziosa che Viane potesse essere magari già fuggita da una storia sentimentale che ai loro occhi appariva strana. Dopo il suo favoloso matrimonio la loro amica era comunque cambiata e questo le spiazzava portandole ad immaginare che forse, dietro quella misteriosa sparizione, ci fosse molto di più di un semplice ripensamento coniugale. Viane non condivideva più con loro quel meraviglioso mondo dei consumi, disprezzava la città e in certe battute anche il suo ruolo di medico a servizio di chi vuole cancellare i segni lasciati dal tempo. La sentivano improvvisamente lontana, non più complice, quasi che in lei si stesse per compiere una specie di seria rivoluzione spirituale. Nonostante ciò per quell'amica di vecchia data nutrivano un grande affetto e quindi si organizzarono per dare almeno sostegno morale a Piero. Sofia ,che ancora era a Latte e conosceva bene quei luoghi, si diede immediatamente da fare perlustrando insieme ad Ale alcuni siti deserti della val Nervia nella speranza che si trovasse lì . Battereno fino a sera tutta quella zona accompagnati anche dalla polizia  ma nulla, di Viane non c'era traccia, e di ritorno a Grimaldi cercarono di consolare Piero rassicurandolo che loro non l'avrebbero abbandonato. Si avvicinava nuovamente la sera e poi sarebbe giunta la notte, la seconda senza Viane per Piero che, con i suoi grandi occhi azzurri interrogatori, continuava a guardare oltre il cancello della villa sperando di vedere riapparire la moglie. Stava per cominciare un forte temporale, il vento pareva insistesse strappando le foglie degli aranci amari, delle rose antiche, l'erba e le cime degli alberi, poi un fulmine, il rombo di un tuono e la sensazione che in questo frangente la sua adorata consorte fosse in grave pericolo o addirittura fosse già morta. In cosiffatte meditazioni il tempo passò lento mentre la notte si faceva sempre più buia e solitaria, con il cellulare che non dava alcun segnale e neanche quel breve squillo a vuoto che i rapitori fanno per intimorire chi è in attesa di notizie.
Non molto lontano intanto Viane, pur trovandosi in balia di una banda di sconosciuti, rivelava tutta la sua forza e il suo coraggio ben sapendo che Piero non l'avrebbe abbandonata. Con indosso una camicetta ormai sgualcita, un paio di larghi pantaloni orientali e una vecchia coperta di lana grezza allungata dal ragazzo Viane si preparava alla sua prima notte da sequestrata in compagnia di quell'uomo bambino di cui sentiva  la voce e vedeva solo gli occhi. Non sapeva ancora dove si trovasse ma sempre di più percepiva che in quel luogo c'era una potente energia e che quel piccolo uomo messo lì di guardia era più indifeso di lei ed era pieno di rabbia. " Perchè non mi vuoi rivelare chi mi ha rapito?" Gli gettò lì come domanda perentoria. "Non posso dirtelo", rispose lui torcendo le pupille scontrose e prepotenti, "perchè non lo so neppure io, a me danno solo i soldi." "Dimmi allora dove ci troviamo", insistette lei mentre lui, sempre incappucciato cambiando tono della voce aveva preso un'aria sicura, quasi da sbirro. "Non posso assolutamente rivelartelo altrimenti faccio una brutta fine." Fuori c'era una bella luna e la sua luce penetrava potente ma irrequieta da una finestrella dell'essicatoio. A volte si udiva il trotto di un cane, altre il canto dei grilli, altre ancora il passo affamato di un cinghiale o forse di una volpe. "Come ti chiami?" Chiese ancora Viane al ragazzo che vedendola tremare le aveva porto anche la sua coperta. " Brando, mi chiamo Brando," ripetè lui  quasi orgoglioso di quel nome importante, "ma per tutti", aggiunse con tono spavaldo, " sono la Volpe, perchè ritengono che sono furbo". "E lo sei veramente?" Chiese lei. "Forse, ma adesso taci, voglio leggere, almeno qui posso farlo senza che qualcuno, come mia madre, mi rinfacci che sono un perditempo e speriamo che tuo marito faccia in fretta quello che gli dicono perchè io voglio i miei soldi e poi si vedrà. Forse me ne vado a vivere in Corsica, voglio cambiare vita e magari fare il poeta, lontano da qui dove nessuno può sapere chi sono". Anche Viane voleva cambiare vita e quella notte, trascorsa quasi in bianco in uno strano dormiveglia, si rivelò densa d'illuminazioni. Qualcuno intorno a lei sembrava le parlasse, le suggerisse qualcosa e la riportasse indietro nel tempo. Per qualche ora si addormentò di un sonno profondo e in quella notte di luna piena fece un sogno che avrebbe segnato per sempre il suo destino. Si trovava in un paese inerpicato sopra un monte pieno di vicoli e di stradine buie, in un tempo lontano, all'epoca dell'Inquisizione. Era seduta sotto un grande albero di castagno in cerchio con altre cinque donne, tutte bellissime, una era la figlia di un conte, un'altra una prostituta, le altre tre giovanissime erano delle contadine, ognuna teneva in mano un seme raro. Una di queste, a un certo punto, dopo averle detto che con quel seme avrebbe nutrito il mondo, glielo consegnò dicendole:"Tu sei la nostra memoria e sei venuta qui per riscattarci. Vieni da noi ti aspettiamo nel vicolo Della Perdizione."   (Continua)                                                                      


Nessun commento:

Posta un commento